Dove osano i fenicotteri

La mattinata passa un po’ dormendo, un po’ sistemando i bagagli che in questi tre giorni erano “esplosi” e un po’ facendo le prove con la telecamera, dove montarla e come usarla.

Nel pomeriggio decido di fare una gita al Salar de Atacama, qui vicino.

Solo dopo essere partito, però, mi accorgo che l’estremità più a sud del salar dista 90 km. Totale andata e ritorno, 180 km. E da Calama non ho più fatto il pieno ed ho percorso già 170 km. Rapido calcolo, non ce la faccio con la benzina! Ma allora lo faccio apposta, mi dico.

Il punto è che ogni volta prendo la moto come se stessi per andare al lago di Bracciano, a 40 km da Roma, anche se invece magari ne devo fare 400. Tutto sommato anche per questo viaggio sono partito con la stessa predisposizione d’animo: so che saranno tanti km, ma non ho idea esattamente quanti e li vivo giorno per giorno.

Penso tutto questo e anche a quanto sono … disattento, mentre procedo verso il Salar. Inizio di nuovo la girandola di somme e sottrazioni, fermandomi a scattare qualche fotografia alle montagne circostanti che continuano a stupirmi per la loro bellezza.

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Supero un osservatorio astronomico; pare che qui ci sia uno dei cieli più limpidi del pianeta. Da quello che ho visto in queste sere, posso confermare.

Mentre guido ipnotizzato dalla strada dritta che ondeggia tra lunghe salite e discese, all’orizzonte appare una striscia scura. Man mano che mi avvicino, mi accorgo che sono alberi. Un’oasi in piena regola! Solo che invece delle palme da dattero che si vedono nelle oasi africane, qui sono altri tipi di albero.

Arrivo infine a Toconao. Un signore di mezza età mi dice che il Salar inizia tra 25 km. Faccio i conti, potrei farcela.

Mi avvio nella direzione indicatami dal tipo e imbocco un cosiddetto “duro”, ossia una strada sterrata larga e ben tenuta. La moto si comporta bene, ma senza bagagli son capaci tutti!

Dopo qualche km, appare un cartello che annuncia: “Reserva Nacional Los Flamencos”. Sembra promettente! Faccio un patto con me stesso: se vedo i fenicotteri bene, altrimenti torno a San Pedro senza altre deviazioni, non mi va di restare senza benzina.

Dacchè il “duro” costeggiava il salar, questa pista punta dritta nel centro. Mi ritrovo in mezzo ad una pianura con zolle brillanti di cristalli di sale a perdita d’occhio. Sembra che un immane aratro abbia divelto l’intera pianura, invece è soltanto uno degli effetti singolari dell’evaporazione.

Arrivo al gabbiotto che controlla l’ingresso all’area naturale, c’è un biglietto da pagare. Dopo aver preso il resto, sto già andando via quando la cassiera mi grida dietro:

“Perdona, de che pais?”

“Italia!”

“Un italiano qui, incredibile …” esclama in perfetto italiano il ragazzo, l’unico altro in fila, dietro di me.

Iniziamo a parlare, è spagnolo. Ha imparato l’italiano nella scuola del suo paesino, vicino Madrid. Si è trasferito a Calama con la moglie e la figlia piccola lo scorso febbraio.

“In Spagna non c’è lavoro, è terribile …”, mi dice sospirando.

“Lo so, anche dei miei amici di Madrid stavano pensando di andare all’estero … ma voi come vi trovate a Calama?”

Prima di rispondere, mi rivolge un lungo sguardo malinconico, velato di tristezza, che è già una risposta.

“Calama è tremenda”

“Dai, non è così male, sicuramente è la città più carina nel raggio di centinaia di km”, provo a consolarlo.

“Fidati, è tremenda … ma almeno c’è lavoro e poi mia moglie sta aspettando un’altra bambina e questo ci dà una grande forza”.

Mi colpiscono le sue parole, una “grande forza”. Quella che facilmente poteva essere vissuta come una “tegola” in testa, per loro è una spinta ad andare avanti. Mi ricorda quello che mi disse un istruttore di immersioni a Bali, che i figli portano soldi e fortuna, perchè quando uno ha figli, mette la testa a posto, si dedica di più al lavoro, smette di fare fesserie, ed ecco che il risultato arriva, più soldi e le cose girano per il verso giusto.

Inizio la visita addentrandomi nel sentiero che è stato ricavato all’interno del salar, con tanto di pannelli esplicativi che spiegano l’origine della laguna, come viene alimentata, quali organismi la popolano, dando da mangiare a migliaia di uccelli. E’ molto interessante e stupefacente come un ecosistema con un equilibrio così delicato, dia da vivere a così tanti esseri.

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Il paesaggio è incredibile, di una bellezza primordiale e il silenzio assoluto contribuisce a creare un’atmosfera magica.

Ma il meglio deve ancora venire!

Alla fine il sentiero piega verso la laguna e la costeggia, a pochi metri dai fenicotteri che zampettano nell’acqua a caccia di cibo. Ci sono anche altri tipi di uccelli, tutti nutriti da questo specchio d’acqua perennemente a rischio di evaporazione e quindi di estinzione.

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Ormai appagato ritorno verso San Pedro, godendomi la strada in tutta tranquillità visto che la moto non è ancora entrata in riserva.

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Una volta in paese, vado di nuovo in cerca di Gonzalo. Ci diamo appuntamento alle 21, e per fortuna non finisce come ieri sera.

Rapida cena e a letto presto. Domani, Ollague! Almeno, ci provo.

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4 pensieri su “Dove osano i fenicotteri

  1. che bei ricordi mi fai tornare in mente. Sì poi lì le distanze sono infinite, minimo 100km alla volta!!! 😀

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