Ieri sera non ho deciso, la notte ovviamente non ha portato consiglio, ma solo un po’ di sonno rotto dai continui clacson in lontananza, quindi la giornata inizia con lo stesso quesito di ieri, solo più pressante:
“Cosa faccio e dove vado oggi??”
Effettivamente inizia a stancarmi l’assenza di un piano, soprattutto perchè non ho un numero illimitato di giorni, anzi … per cui mi tocca pianificare.
Poi però penso che sono sulle rive del lago Titicaca e che voglio vederlo, piuttosto rinuncio a qualcosa dopo (è sempre facile rinunciare a qualcosa che ancora non c’è, infatti mi convinco molto facilmente), quindi la decisione, almeno per oggi, è presa: faccio una gita sul lago!
Lo dico al mitico Alberto del Totora Inn che mi organizza in un attimo la gita.
“Passano a prenderti qui davanti all’albergo alle 9, hai il tempo di fare colazione con calma”
A metà colazione mi dice che sono in anticipo, quindi mi devo sbrigare. Salgo su un furgoncino dove ci sono già un paio di turisti che, durante il tragitto per Puno, diventeranno una quindicina in tutto, raccogliendone un po’ per volta.
Andiamo al porto e saliamo sulla barca. Xavier, la guida, snocciola dati sul lago, le dimensioni, la profondità, immissari, emissari, altitudine e così via.
Iniziamo ad addentrarci tra le isole, che sono come delle zattere costruite utilizzando la totora, una pianta lacustre, lunga e sottile, che fuoriesce dall’acqua e che copre il lago a perdita d’occhio. Xavier ci dirà poi che la totora (ora capisco il nome dell’albergo dove dormo!) cresce solo nella baia di Puno e in alcune zone della parte boliviana. Il resto del lago è senza totora.
La barca si incanala prima in una “strada” delimitata tutto intorno dalla totora, poi in uno specchio d’acqua delimitato da decine di isole. Su molte di esse vedo gruppi di turisti, come noi, portati in giro dalle guide. Per fortuna se ne vedono alcune con persone del posto che lavorano normalmente.
Dico “per fortuna” perchè la sensazione, quasi certezza, è di essere finiti nell’ennesimo trappolone per turisti e presto mi pento di non aver almeno tentato di andare al porto e provare a contrattare un passaggio in barca con qualcuno del posto, senza passare da un’agenzia.
In ogni caso, dopo una ventina di minuti di navigazione attracchiamo sull’isola prescelta per la gita. Ci dicono che fanno a rotazione, tra tutte le isole che ci sono. Così facendo su ogni isola arrivano i turisti due volte a settimana. E di questo campano, ormai.
Camminare sull’isola galleggiante è buffo, sembra di camminare su un enorme cumulo di paglia e in fondo, questo è. Solo che pochi centimetri sotto, c’è l’acqua. Lo stelo di totora è interessante, sembra una specie di spugna, cioè pieno di piccole cavità d’aria e leggerissimo.
La guida fa arrivare il “presidente” dell’isola, così si definisce e ci spiega, in aymara (tradotto in spagnolo dalla guida), come si costruisce un’isola e, soprattutto, come si mantiene nel tempo. Chiedo alla guida, che mi spiega che la costruzione delle isole è nata con l’invasione degli spagnoli, per sfuggirgli.
Poi arrivano le donne che intonano brevi canti in aymara, quechua e spagnolo.
Segue giro nelle case dell’isola (questa ospita quattro famiglie e le quattro donne agguantano più persone possibile di noi) e, ovviamente, esposizione dell’artigianato che producono. Senza obbligo di acquisto. Mi sento come nelle gite in pullman al santuario di Padre Pio, con interessante dimostrazione di pentole a pressione, pranzo al sacco, 12 euro bevande escluse.
Una volta chiarito che chi doveva comprare ha comprato e che gli altri non compreranno mai (tra cui me, che non ho un soles in tasca, essendo arrivato ieri sera e non avendo cambiato né prelevato nulla), prosegue il programma. Gita, per chi vuole, nella Mercedes Benz: così chiamano per scherzare (e per far contenti noi turisti, ne sono sicuro) le imbarcazioni di totora più grandi.
Il mio imbarazzo raggiunge l’apice quando le quattro donne intonano dei canti mentre la barca si allontana dall’isola, con a bordo quelli che hanno accettato il passaggio in “Mercedes Benz” alla prossima isola. Il primo canto in Aymara passi, ma il secondo “Vamos a la playa” no, non credo alle mie orecchie! I Righeira sono approdati fin sul lago Titicaca! E sento la stessa canzoncina anche dall’isola a fianco, quando un altro gruppetto di turisti si sta allontanando su un’altra “Mercedes Benz”.
Tra i turisti del gruppo c’è un signore che viaggia con la figlia. Lui è peruviano, ma vive da molti anni in Spagna, a Siviglia; la figlia è sivigliana. Il padre mi racconta che era venuto tanti anni fa qui a Puno e a fare una gita per vedere le isole galleggianti, ma che erano tre, non settanta. E ovviamente che non c’era tutto questo circo per turisti.
Andiamo sull’isola successiva prevista nel giro; arriviamo contemporaneamente ai nostri “colleghi” andati con la Mercedes Benz.
Quest’isola è ancora peggio, con un ristorante, un bar, diversi negozi di souvenir e altre strutture per turisti.
Quando iniziamo il rientro sono contento, almeno i paesaggi sono splendidi.
Tornati sulla terraferma, mi faccio riportare in albergo per riposarmi un attimo, poi esco per un giro in centro.
Non c’è molto da vedere a Puno, diciamo quasi niente. Passata una piazzetta che porta nella strada pedonale piena di negozi, che a sua volta porta nella immancabile Plaza des Armas, non c’è molto altro.
Quindi, come accade spesso, la cosa più interessante da vedere sono le persone. I bambini e i ragazzi escono da scuola, hanno tutti l’uniforme. Poi le donne, meno colorate rispetto alle boliviane. I moto-taxi, a tre ruote che tanto ricordano i coco-taxi di Cuba.
Vado anche nel museo della coca. L’esposizione è minuscola, però i due filmati che girano nel televisore sono molto interessanti. Spiegano le origini dell’uso della foglia di coca, le testimonianze più antiche, le proprietà, come è cambiato l’interpretazione e l’uso dopo l’arrivo degli spagnoli con il loro bigottismo cattolico e così via.
Sia questo filmato, che ancor più quello successivo, che descrive le danze folcloristiche locali, gettano una pesante ombra sugli spagnoli e le loro responsabilità sul genocidio indio-americano. Effettivamente è impossibile sfuggire a questo pensiero, alle atrocità commesse, che non si sono limitate al Sud America, ma si sono estese anche all’Africa con la tratta degli schiavi, necessari al lavoro nelle ricche miniere di argento e oro.
Proprio nei giorni scorsi ci pensavo, a come i popoli di questi paesi vedono e cosa pensano degli spagnoli. Vedendo questi due filmati, mi sembra di capire che ovviamente ormai non c’è livore o risentimento, però la memoria di quello che è accaduto rimane.
Posso pensare che se non fossero stati loro, sarebbero stati altri, visto che il colonialismo è proseguito per buona parte del 20° secolo e che in alcuni paesi di fatto ancora esiste, però … è impossibile non pensare alla tragedia vissuta da questi popoli.
E’ emozionante e sorprendente il significato di ciascuna danza tradizionale descritta nel filmato: c’è quella i cui passi lenti e piccoli rappresentano i passi degli schiavi, trattenuti dalle catene e costrette a muoversi in sincrono a decine e decine; un altro ironizza, con maschere mostruose e passi parossistici e parodistici, le movenze dei nobili spagnoli e della corte reale; un altro ironizza sulle corride e le uccisioni dei tori.
Non avrei mai immaginato tali significati nelle danze popolari e questo mi convince ancor più dell’importanza del preservarle e tramandarle, perchè rappresentano e trasmettono la storia e la cultura dei popoli.
Una volta uscito dal museo, decido di fare una passeggiata fino al porto, che stamattina ho visto troppo di sfuggita. Lungo la strada vedo una scena divertentissima: ero rimasto ai tre vecchietti dei paesini italiani, a guardare per strada i lavori in corso, ma qui si arriva a veri e propri spettacoli, con decine di persone letteralmente a circondare una escavatrice con 4 operai a correre avanti e indietro con sacchi di calce e altri materiali. Tutti incantati a guardare i quattro lavorare, anche i risciò e i moto-taxi, una specie di drive-in.
Arrivo nei pressi del porto e faccio un “pranzo pomeridiano” con trota fritta accompagnata dalla mitica Inca Kola
(Jeanell, this is for you 😉
Mentre pranzo, ho modo di leggere un articolo che ho portato dall’Italia su questa zona di Perù, provare a buttare giù un piano per le prossime settimane e rendermi conto di aver bisogno di 20 giorni in più. Oppure che devo tagliare a più non posso.
Finisco il giro al porto e torno in albergo.
Domani devo arrivare a Cusco, con alcune deviazioni lungo la strada. Vorrei partire alle 8. Non ci credo nemmeno io, adesso che l’ho scritto. Figurarsi domani mattina quando dovrò alzarmi …
le immagini sono molto belle..i colori incredibili..ma ti do ragione, sembra una piccola Disneyland ecosostenibile, totalmente biodegradabile…ma pur sempre una Disneyland sull’Acqua!
Si capisce che molto é fatto per i turisti e quindi ti sembra di stare a teatro
Sei convinto o vorrebbero farti credere di stare nella savana, e invece t’hanno portato in uno zoo
Comunque bello …
meremma che colore quella inka cola !!!!!! sei sicuro che si possa bere ? 😉
Non lo so, ma dà dipendenza!!
Ti avevo avvisato che gli Uro non erano nulla di che.. peccato per Sillustani.. ti sei perso un paradiso.. Buona strada per Cusco!!
L’ho visto oggi Sillustani , andando verso Cusco (e infatti sono arrivato di notte 😉 ed è veramente uno spettacolo!! 🙂
Pensavo di fare così nei prossimi giorni: visita a Cusco, poi giro della Valle Sacra con pernottamento a Ollantaytambo, trenino, Machu Picchu, ritorno a Oll. e poi da lì a Nazca … che ne pensi? suggerimenti su questa zona?? 🙂
Programma ok, per Ollantaytambo prepara nuovamente il fiato (c’è da salire a piedi e ne vale la pena), per il treno .. non farti aspettative, così quel poco te lo godi, aguas calientes è brutta, solo un appoggio per Macchu Picchu.. di cui mi parlerai tu.. poi ti dico dopo cosa ne penso io! 😉
Cusco/Nazca è una bella tirata.. Nazca nulla di che (non abbiamo nemmeno fatto il volo, visto qualcosa solo dalla strada), oasi di huacachina merita molto di più (occhio solo a non farti prendere la mano e a non lasciare pollita sulle dune!) da vedere la zona del Pisco e poi Paracas.
Lima bruttina, da vedere Miraflores (zona moderna) e il centro storico (meritano le catacombe di San Francisco)
Grande, grazie!! 🙂
Noi pensiamo di far spargere le nostre ceneri da quelle parti.. 😉
A Cusco cerca di fare colazione in uno dei locali sopra i portici di fronte alla cattedrale, noi ci abbiamo anche cenato, è simpatico.. poi abbiamo mangiato una sera (ci siamo fermati 5 giorni) in un locale di un tipo che dire stravagante è dir poco.. poteva essere in calle San Juan De Dios, all’inizio, sulla destra lasciando Plaza de Armas alle spalle..
Segue commento al programma..
Non so perchè mi ha ribaltato le risposte.. connessione aziendale.. bha! Meno male che siamo informatici..