Fino nel cuore del regno armeno

Si può dire che sono partito da Roma per vedere Ani, una delle antiche capitali del regno d’Armenia?

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Certo, detta così fa impressione, sembra che sia uscito di casa come per andare al bar e invece un mi sia messo in moto per 3mila km finché non sono arrivato sotto le mura della città, però… in fondo é così.
Era una delle due mete che avevo in questo viaggio e la seconda devo ancora raggiungerla, per cui non la svelo.
Ani l’avevo in testa da anni, da quando nel 2007 viaggiai nel Caucaso per arrivare a Samarcanda e vidi alcune foto di sfuggita su un paio di riviste.

Ma andiamo con ordine.

Dopo una bella colazione nel giardino dell’albergo con vista sulla vallata di Artvin, mi incammino all’alba delle 11.
La strada é un continuo sali scendi in molti punti in costruzione. É impressionante vedere come stiano devastando le montagne e la valle.

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Se penso che ieri per un attimo, quando sono arrivato ad Artvin coperto di fango per via dei lavori in corso, ho pensato di fare tutta una tirata fino a Ardahan, mi viene da ridere.
La strada é stretta, tortuosa, piena di salti e buche e comunque attraversa splendidi paesaggi. Semplicemente non aveva senso farla ieri, stanco e al buio, però ogni tanto mi prendono questi raptus. Per fortuna non ieri!

Dopo un’ora di guida prendo la deviazione verso Velikoy, dove la cartina segnala una chiesa in rovina.

La strada diventa ancora più bella, lungo il corso di un torrente, per poi arrampicarsi sulle montagne e sbucare in un altopiano.

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Mi fa sempre effetto vedere i minareti nei paesaggi montani. Li associo sempre ai paesi arabi, desertico e caldissimi e vederli qui tra abeti e mucche, mi stupisce ogni volta.

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Arrivo alla chiesa, ovviamente distrutta ma ugualmente molto affascinante.

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Mi aggiro tra i ruderi, passando a fianco di alcune persone del luogo che bighellonano all’ombra delle antiche mura.

Torno a valle per riprendere la strada verso Ardahan.

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Continuo a salire di quota, oltrepassando i 2400 metri. La Turchia stupisce sempre con la ricchezza di paesaggi, é un paese incredibile!
Sembra di essere nel cuore delle Alpi, di certo non sulla rotta verso i deserti dell’Asia Centrale!

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Proseguo verso Kars, tra paesaggi a volte duri e poco attraenti, a volte simili a paradisi in terra, fatti di semplicità e purezza.

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Mi chiedo come dev’essere vivere in questi contesti, sicuramente molto duro e poco invidiabile, però mi incuriosisce e una parte di me dice di sognarla e volerla provare.

I paesini che attraverso sono più poveri ed essenziali, il cavallo torna ad essere un mezzo di locomozione piuttosto comune.

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Arrivo all’incrocio alle porte di Kars con la strada che porta ad Ani in poco più di 40 km, che sono le 17.
Mi dico che in mezz’ora dovrei esserci, quindi avrei un paio d’ore per visitarla.

Corro sul rettilineo a 4 corsie che a volte si restringe a 2 con buche anche enormi, molto pericolose se prese in velocità.

Arrivo alle 17 e 30, mentre un pullman carico di turisti sta andando via e uno invece ha appena scaricato il suo contenuto.
Fortuna che sono venuto fuori orario, chissà di giorno che confusione c’è!

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Inizio a girare tra le rovine, controllando prima dove va il gruppo, in modo da andare dalla parte opposta.

Vado subito verso una delle potenti immagini simbolo di questo luogo, la chiesa a pianta ottagonale sul ciglio di un canyon scavato da uno dei rami del fiume che separa la Turchia dall’Armenia.

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La città é molto evocativa, sparsa su una superficie molto ampia, spazzata da un vento potente.
I pensieri si perdono tra le pietre sparse al suolo dal tempo e dalle guerre.

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Mi aggiro in quasi completa solitudine, meditando e ammirando queste opere immani costruite secoli fa.
E ogni volta che ammiro monumenti così incredibili, un tutt’uno con la natura, mi chiedo: “ma noi, cosa lasceremo alle future popolazioni?”.

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Ci sono chiese, caravanserragli (gli alberghi dell’epoca), hamman, templi incluso uno dedicato a Zoroastro, il dio del fuoco, abitazioni e tutto quello che poteva esserci in una città enorme che rivaleggiava con Baghdad, Istanbul e le altre capitali dell’epoca.

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Mi avvio verso l’uscita che ormai é il tramonto. Un’ora e mezzo é volata in un baleno.

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Ormai il sito é vuoto, sono rimasto da solo con una piccola famiglia turca. Ne approfitto per fare una foto alla Duchessa proprio all’ingresso di Ani.

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Mentre torno a Kars, alle mie spalle sorge una luna incredibilmente brillante, uno spettacolo!

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Arrivo a Kars che ormai é buio; la seconda volta che chiedo informazioni su come raggiungere l’albergo ad un gruppo di ragazzi, uno di questi mi fa:
“Dai ti ci porto io, fammi salire!”

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Ci sbrighiamo in un minuto, io mi faccio prima una doccia bollente, poi mi misuro la febbre. Bene, 38!
Domani quindi é tutto da decidere…

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6 pensieri su “Fino nel cuore del regno armeno

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