Mi sveglio alle 4 coperto di sudore per il mio solito errore di voler spegnere l’aria condizionata.
Peccato perché proprio oggi ho la sveglia alle 5 per andare a vedere il rituale delle offerte ai monaci, quindi sarò ancora più distrutto del previsto.
Arrivo nella strada dove dovrebbero sfilare i monaci che sono ancora solo.
O meglio, solo con la “fabbrica delle offerte”, ossia una serie di persone che ha allestito degli sgabellini su dei tappeti da preghiera, dove gli offerenti si siedono con davanti dei cestini composti in maniera diversa a seconda di quanto si vuole spendere.
Il kit più ricco include un cestino pieno di confezioni monodose di biscotti e crackers e un contenitore di bambù pieno di riso (lo sticky rice, come lo chiamano, riso colloso, per via di come i chicchi rimangono attaccati tra loro, tanto che é possibile mangiarlo staccandolo a pezzetti, come si fa con la mollica del pane).
Una signora mi aggancia offrendomi il kit “intermedio” a 30mila kip.
“10mila?”, ribatto senza troppa convinzione.
“20mila”, chiude lei.
Ma comunque non ho intenzione di restare su uno sgabellino tutto il tempo, per cui la saluto e vado verso il tempio più vicino.
Dopo qualche minuto iniziano ad arrivare decine di persone, chi sui furgoni, chi coi tuk-tuk, chi a piedi.
Mi ritrovo a fare un pensiero blasfemo: ho una fame bestia e le offerte per i monaci le mangerei in un boccone!
Ormai é l’alba: si spengono i lampioni, iniziano a risuonare i tamburi e lunghe file di monaci scalzi sfilano per la strada, fermandosi davanti a ciascun offerente l’istante necessario affinché questo possa infilare la sua offerta nella sporta appena aperta che il monaco gli porge.
Ciascun monaco per le decine e decine di offerenti. Ciascun offerente per le decine e decine di monaci.
Finisce tutto abbastanza rapidamente, 10/15 minuti.
Mi soffermo a pensare ancora un po’ sul rituale che ho appena visto, a metà tra la ragione e il sonno. Poi mi incammino verso la guesthouse per dormire ancora un paio d’ore, prima di dover cambiare posto per la notte, visto che mi hanno buttato fuori.
Mentre torno, incrocio una stradina secondaria dove, con mio grande stupore, vedo i monaci tornare. E stavolta, a fare le offerte, ci sono le persone del luogo.
L’emozione adesso é molto più forte, la cerimonia più autentica. Si vedono donne anziane, ma anche più giovani, fare l’offerta con più trasporto, vivono il momento più intensamente.
E questo, mi viene da pensare, tutte le mattine. Come chi fa meditazione ogni giorno, loro iniziano la loro giornata con 30/40 minuti di rituale dedicato ai monaci della loro religione, offrendo un piccolo canestro di riso.
Ci sono anche dei cestini molto più grandi, dove i monaci lasciano parte del riso che hanno ricevuto. Forse é per i bisognosi.
Alle 6:30 é davvero finita, i monaci sono tutti rientrati nei rispettivi templi.
Dormo ancora un paio d’ore, poi lo strazio del cambio albergo.
Riprendo le cose che avevo lasciato da lavare: alcune sono ancora bagnate, altre puzzano perché sono state lavate, ma asciugate male, altre ancora puzzano perché non sono mai state lavate. Pessimi.
Esco lasciandogli i bagagli. Così leggero, voglio cercare da dormire e una lavanderia. Oltre a vedere le ultime cose in città e godermi l’ultima giornata.
Incredibilmente risolvo tutto in 5 minuti d’orologio. La guesthouse a fianco ha posto a 20 dollari a notte, con stanza più grande e colazione (!) e a fianco ancora c’è una lavanderia.
Mi affretto per andare alla biglietteria del museo nazionale. Chiude alle 11 e le visite alle 11:30, ma almeno vorrei togliermi di mezzo il fastidio di fare il biglietto.
Arrivo alle 10:50, ma la biglietteria é già chiusa.
Mi innervosisco, c’è il classico militare comunista arrogante che ho visto mille volte nei vari paesi dell’ex Unione Sovietica che a malapena mi rivolge lo sguardo dicendo “Close”, mentre gli faccio segno che é ancora presto.
Vorrei insistere, come facevo ai tempi dei viaggi in Russia, in cui li prendevo letteralmente a male parole, ma poi mi trattengo. Non cambierebbe né lui, né la situazione. E probabilmente cambierebbe la mia giornata. In peggio.
Mi chiedo come sia possibile aprire un museo nazionale in un città patrimonio Unesco con valanghe di turisti, ma poi penso alle varie situazioni assurde che ho vissuto durante il mio recente giro in Campania, con musei chiusi o aperti mezza giornata o solo in alcuni giorni della settimana, con le chiavi affidate a privati.
Ne approfitto per fare il punto della situazione seduto sulle belle panchine vista tempio alla base della collina sacra.
Cerco di pianificare i prossimi giorni, sempre sperando che le strade e il tempo siano decenti.
Decido di andare a vedere qualche altro tempio che ancora non ho visitato.
Noto che i monaci stanno riparando in alcuni casi, costruendo ex novo in altri, delle decorazioni a forma di drago e altri animali, poi delle lanterne, delle stelle e così via.
Sicuramente si tratta della festa di cui ho letto sulle guide, che cambia di giorno ogni anno, ma cade comunque a ottobre.
Purtroppo però, a chiunque chiedo, non riesco ad avere risposta, perché non parla inglese.
Pranzo con una montagna di frutta, sempre con la guida sottomano per sbrogliare la matassa dei prossimi giorni.
Altro giro, altri templi, altri pezzi di città che mi cattura sempre più con la sua atmosfera rilassata e magica di mille elementi: i due fiumi che la abbracciano, la vegetazione tropicale che la abbellisce e la profuma, le eleganti abitazioni, il misticismo dei monaci, la tranquillità dei templi, la varietà e bontà del cibo, i sorrisi della gente, la magia delle tradizioni.
In un tempio, trovo una ragazza inglese che tiene una lezione di lingua a 5 giovani monaci. Ne approfitto per chiedere informazioni sulla festività che stanno preparando. Purtroppo ci sarà tra due settimane, che peccato!
Si è fatto tardi e vorrei prendere un tuk-tuk per tornare al museo nazionale, ma anche con i guidatori, che teoricamente tre parole di inglese dovrebbero conoscerlo, é impossibile.
Ripeto dieci volte “National museum”, indicando il nome in lao scritto sulla guida e provando a pronunciarlo io, nel caso non sapessero leggere i caratteri latini, ma niente.
Al decimo tentativo, dice “Aah ok!” e parte.
Prende la direzione giusta, poi quando é quasi arrivato, si ferma e chiede a un passante, che chiede di nuovo a me “dove vuoi andare?”
“National museum” e ripeto anche il nome lao. Il tizio dice qualcosa al guidatore che esclama “Aaaahh !!” e riparte, depositandomi finalmente davanti al museo.
Tutto questo in una città dove, che io sappia, c’è un solo museo, questo.
Poco prima dell’ingresso, sento una guida del posto spiegare in francese la storia del museo a un gruppo di turisti.
Incredibile quanto mi manchi sentire parlare francese. Mi fermo ad ascoltarlo per puro piacere … e accidentalmente vengo a sapere che anche in Laos gli elefanti sono praticamente estinti e che sono rimasti in pochi esemplari solo in una zona molto remota del paese.
Il museo nazionale non è altro che la ex residenza del re, destituito quando i comunisti hanno preso il potere negli anni ’70.
La sala del trono é riccamente decorata in mosaici come una delle pagode del tempio Xieng Thong.
Le altre stanze sono lussuose, ma nemmeno troppo. Ovviamente, rapportato alla condizione di povertà del Laos, sono sontuose di lusso sfrenato.
Anche qui vige il divieto di foto e ci sono molti guardiani a vigilare, ma essendo molto vasto, riesco a sfuggire ogni tanto e scattare di nascosto.
Il colmo é raggiunto quando trovo il divieto di fotografare anche nel piccolo museo delle auto storiche della casa reale !
Dopo il museo, prendo un altro tuk-tuk per andare alla Croce Rossa. Pare sia famosa per i massaggi!
E in effetti la signora mi distende con decisione ogni singola fibra muscolare, favoloso! É madre di due bambini pestiferi che non fanno altro che entrare e uscire tra le varie tende che separano i materassi dove si stendono le persone.
A una certo punto, ci mettiamo a parlare:
”Sei in viaggio?”
“Sì.”
“Da solo?”
“Sì.”
“Buona fortuna. Quanti giorni ti sei fermato a Luang Prabang?”
“Tre.”
“Domani parti?”
“Sì.”
“Per dove?”
“Ancora non lo so, sto viaggiando in moto.”
“Buona fortuna per il tuo viaggio.”
“Grazie, ne ho bisogno!”
Stavolta per tornare voglio vedere il crepuscolo sull’altro fiume, il Khan. Mi soffermo a guardare in lontananza dei bambini che giocano su un tronco caduto in acqua. Si arrampicano per tuffarsi, si siedono sopra per ridere e scherzare. Una bella immagine di serenità.
Ci sono lunghe file di auto con targa cinese. Probabilmente una di queste carovane é quella che ha affittato tutte le nove stanze della pensione dove stavo.
Prima di arrivare, incrocio una coppia di sposi sul lungofiume del Mekong. Sono abbigliati alla occidentale. Sarei curioso di vedere, invece, un rito tradizionale di qui.
A proposito, vado a prendere le mie cose per spostare nella nuova guesthouse, sognando di bere, appena finito, un cocco godendomi l’ultimo tramonto a Luang Prabang.
Porto i centomila sacchetti e borse, il casco e tutto il resto sul marciapiede, prendo la moto dal retro della guesthouse e… non parte !
Batteria completamente a terra! E in quell’istante inizia anche a piovere a dirotto !
In pochi secondi i miei sogni di relax e bellezza svaniscono.
Inizio ad accanirmi sulla pedivella, alla fine parte. Ma la pedivella, con la frequenza con cui si spegne moto, non é praticabile. Perderei ore e litri di sudore!
Con la moto accesa, porto tutto nella nuova guesthouse e mi tuffo sotto la doccia.
Prima di andare a cena però, voglio sapere se la batteria si ricarica. Così domani mattina saprò già se devo cercare un meccanico oppure se posso partire. Siccome ha smesso di piovere, voglio fare un giro per vedere controllare.
Corro in camicia e pantaloni di lino, sandali, senza casco e ovviamente a luci spente lungo il Mekong. Un fulgido esempio di motociclista maniaco della sicurezza.
A un incrocio la moto si spegne con il classico “CIUFF!” dei monocilindrici. Ho fatto troppa poca strada, forse tre km. Con un brivido premo il pulsante dell’avviamento elettrico e… con molta poca forza, ma riesce a partire!
Quindi la batteria si carica, perfetto! Era quello che volevo sapere.
Ne approfitto per andare a cena e tornare in albergo abbastanza presto.
E domani… non ho ancora deciso la meta finale, ma vorrei prima visitare un villaggio qui vicino dove lavorano la seta e poi delle grotte sacre.
Certo che la guida al tuk tuk la farei meglio io forse; dieci volte National museum!
Penso proprio di sì 😉
sei sempre TU!!!
Ehm per cosa esattamente ? 😉