Mi sveglio sentendo il rumore delle auto sull’acqua.
Apro la finestra e ho la triste conferma : non é per via della pioggia di stanotte, ma… sta piovendo – adesso – a dirotto!
Aveva ragione il tipo di ieri del giro in barca, che oggi avrebbe piovuto. Che sia la sua vendetta per averlo abbandonato ieri?
Questo Nord meno piovoso mi convince poco… devo decidere cosa fare per i prossimi giorni, dove andare.
Comunque, ho in programma la visita al museo nazionale, quale giornata migliore.
Quando esco, piovviggina. Faccio colazione in uno dei mille ristorantini lungo il Mekong.
Distendo sul tavolo le cartine, apro le guide e comincio a guardare dove potrei passare.
Le strade del Laos non offrono molte possibilità. O sono cattive o sono pessime.
Nei giorni scorsi ha piovuto, probabilmente piove da giorni o settimane, le piste sono senz’altro uno scivoloso incubo di fango.
Inizio a propendere di cassare tutta la parte più a est, difficilmente raggiungibile se non su piste.
Forse vado ancora un po’ a nord verso la Cina, poi piego a est verso il Vietnam e poi scendo.
Anche se piove, se la strada ha un po’ d’asfalto, si riesce a fare senza troppi problemi. Di sicuro devo calcolare bene i tempi e prevedere medie di 40 km/h, non di più.
Vado al museo nazionale, ma lo trovo chiuso. Ha degli orari assurdi, peggiori di quelli belgi! Dalle 8:30 alle 11:30 e dalle 13:30 alle 16:30. Carpe diem!
Anche il teatro nazionale che dovrebbe dare gli spettacoli ogni due giorni, non si sa perché in questi giorni é chiuso.
Decido di arrampicarmi sulla collina sacra che si erge proprio di fronte al museo nazionale.
All’inizio della ripida scalinata, vedo una freccia che indica verso destra. Senza capire cosa indica, la seguo e mi trovo di fronte al più bel tempio visto fino a oggi.
Decrepito, intarsiato con misura, senza sfarzi eccessivi e con l’interno magnificamente affrescato.
Su un tavolo ci sono, lasciati a sé stessi, degli acquarelli su carta artigianale, con il prezzo e una casetta dove depositare i soldi.
La salita sulla collina sacra é dura: ripida, lunga, soffocata dal caldo umido. Quando arrivo in cima, mi asciugo il sudore dal collo e dal viso scuotendo poi le mani, come quando si toglie con le mani dell’acqua versata sulla tavola.
In cima alla collina c’è una vista molto ampia sulla città e sui due fiumi che si uniscono a nord della penisola dove sorge il centro storico.
Naturalmente c’é anche un tempio.
Quello che mi stupisce, rispetto al rigore dei luoghi di culto cristiani, musulmani e penso anche ebraici, é l’atmosfera rilassata che regna: le persone, se non meditano o pregano, parlano tra loro, se capita ridono… come una casa, praticamente.
A fianco della parte principale dove sono disposti tutti i Buddha del tempio, si trova un altarino con una serie di cassetti numerati con dei biglietti all’interno.
Funziona così : il fedele prega, esprimendo un desiderio o un dubbio, poi agita un recipiente con dentro dei bastoncini numerati e dopo qualche secondo ne pesca uno e legge il biglietto corrispondente al numero.
Purtroppo non ho modo di sapere cosa c’è scritto sui biglietti, ma immagino una qualche ispirazione per il fedele, per capire cosa fare o attendersi.
Dopo aver letto il biglietto, il fedele ringrazia pregando e lascia un’offerta.
Scendo dalla collina e passaggio per il viale centrale, tappezzato di botteghe di souvenir, in genere di buona qualità.
Entro in un paio di negozi, finché non mi fermo nel negozio di un tipo che si lamenta del fatto che non ci sono turisti :
“Solo cinesi ! Ma quelli non comprano niente ! ”
Forse niente di quello che ha lui e poi ci sono tanti altri turisti. Comunque, per incoraggiarlo, gli compro una cosina.
Raggiungo la fine del tratto pedonale con tutti i negozi di artigianato e i ristoranti, quando vedo dei furgoncini con scritto “Servizio cascate Kuang Si”.
Ho voglia di andarci, ma non ho voglia di guidare. Un servizio così é l’ideale.
Contrattiamo sul prezzo, che parte da 250.000 kip. Una follia. Riesco a scendere a 180, ma é sempre troppo. Vorrei pagare 120 o poco più.
“Tra 20 minuti vengono tre persone. Con loro, tutti insieme, ti faccio 100”.
“Ok!”, e vado a mangiare.
Quando torno, dei tre non c’è traccia e il tipo ricomincia:
“Dai andiamo ! ”
Riesco a tirare fino a 150mila.
Usciamo dalla città dopo aver fiancheggiato il fiume per un lungo tratto.
La strada é abbastanza rovinata, ma niente di drammatico. Dopo aver visto la nazionale un paio di giorni fa, continuo a interrogarmi sullo stato delle altre strade.
Arriviamo alle cascate, il tipo mi aspetta nel parcheggio mentre mi arrampico nel bosco vedendo in sequenza delle cascate via via più grandi, fino al grande salto iniziale, quella più spettacolare.
É molto più abbondante del solito per via delle piogge. Si capisce dal fatto che molte zone dell’area di visita sono allagate: tavolini e sedie nell’acqua, passerelle e ponticelli sommersi, acqua ovunque, anche nel sottobosco.
All’inizio della salita verso la cascata c’è un’area dove tengono (i cartelli dicono, proteggono) degli orsi. Sono diversi da quelli che avevo visto nello zoo.
Lungo la strada del ritorno ci fermiamo per qualche minuto nell’elephant camp, un’area di protezione dell’elefante. Almeno si propongono così, non capisco quanto invece non li sfruttino a scopo turistico.
Quello che mi stupisce é che, vedendoli nel loro ambiente naturale, in un’area aperta molto vasta, non sembrano nemmeno tanto grandi.
(ci sono, ci sono… vicino agli alberi. Ma sembrano minuscoli!)
Mentre torniamo, vedo di nuovo, stavolta dentro l’abitacolo del furgone, dei sorpassi completamente pazzi. Siccome andiamo lentamente, due o tre auto ci superano in piena curva senza alcuna visibilità su chi sta arrivando.
In una curva, arriva un motorino che schiva l’auto per un soffio.
“Cinesi”, dice la mia guida scuotendo la testa.
“Ah sì ? “, chiedo incuriosito.
“Sì, sono loro che guidano così male”
In effetti, quello che ho visto in questi primi giorni é che apparentemente non ci sono vie di mezzo: la stragrande maggioranza, guida lentamente e molto prudentemente, sembra di stare in Belgio per quanto vanno piano.
E poi ci sono le schegge impazzite, nemmeno tanto in termini di velocità, quanto di manovre omicide.
Mi lascia all’inizio della via pedonale, dal lato opposto rispetto a dove mi ha preso tre ore fa.
Si sta riempiendo di venditori di souvenir, un paradiso per i turisti.
Compro un paio di acquerelli su carta artigianale e, quando do le banconote alla ragazza, questa le sbatte su tutti gli oggetti in vendita. Un gesto scaramantico per attirare altri soldi.
Quando rientro in albergo pregustando un po’ di riposo, ho una brutta sorpresa. Incontrando il ragazzo della reception, gli confermo che voglio fermarmi una notte in più.
“Eh ma purtroppo non c’è posto. Abbiamo ricevuto una prenotazione da domani per tutte e nove le stanze”.
Provo a capire e insistere, ma non c’è verso: tutto pieno.
Quindi adesso, invece di riposarmi, devo iniziare a rifare i bagagli e domani devo trovare una guesthouse per una sola notte. Non ne ho molta voglia…
Domani decido, intanto punto la sveglia alle 5 perché voglio vedere la questua dei monaci.
Sembra carina la ragazza nel tempio mentre legge il biglietto appena pescato.
Blasfemo!