L’elettricità va e viene, come faceva a Vieng Xai.
Ieri mi aveva spiegato il ragazzo della guesthouse che per l’approvvigionamento della corrente, si stanno staccando dal Vietnam del nord, a favore di quello proveniente da Vientiane. Però ci sono ancora dei problemi.
Vado a fare colazione in un ristorante chiamato affettuosamente Bombie, con all’esterno una batteria di quattro grandi bombe e all’interno un’esposizione di esplosivi di tutte le fogge e dimensioni.
Per non dire di no alla mia richiesta di macedonia di frutta con yogurt e muesli (identica in tutto il Laos, in tutti i menu dei ristoranti un poco più turistici), sento la cameriera e il proprietario parlare in lao e capto la parola “muesli”. Dopo un minuto la cameriera afferra il casco ed esce in scooter a comprarlo.
Però per lo shake non c’è nulla da fare: senza elettricità, niente shake.
Ripiego sul caffè, una via di mezzo tra quello lungo americano e quello con la polvere di caffè lasciata decantare come quello turco, armeno eccetera.
Mentre sfoglio il menu, vedo due piatti a base di rane. Mi incuriosisco.
“Avete le rane quindi ? “, chiedo al proprietario.
“Sì, ma vanno ordinate in anticipo, devo comprarle ”
“Ok, allora vada per stasera, ok?”
“Ok!”
Mi dice anche che oggi arriva una troupe di italiani, da Roma, per girare un documentario. Bene, li incontrerò stasera allora.
Mi avvio verso il primo dei tre siti in cui hanno ritrovato il numero maggiore di giare, ossia dei manufatti dove i più antichi risalgono a più di 2000 anni fa, la cui destinazione é ancora incerta, così come la loro fattura e il trasporto fin quassù.
L’area archeologica occupa un insieme di basse colline completamente pelate per colpa dei massicci bombardamenti statunitensi con il famigerato “agente arancio” per spazzare via la foresta sotto la quale si nascondevano i guerriglieri. In questo modo, oltre ad aver causato morte e distruzione, hanno anche cambiato il clima di quest’area.
Cattura lo sguardo un minuscolo pezzo di collina evidentemente risparmiato dalle bombe : é fittamente coperto di alberi e di vegetazione più bassa.
Altrove, invece, non cresce nulla, tranne qualche sporadico albero.
Mi aggiro tra decine di giare, crateri di bombe e residui tratti di trincee.
Si notano, evidenti, i segnali a terra messi da MAG, la ONG che ha svolto il lavoro di sminamento.
Dal lato bianco, la zona é sicura, é stata sminata. Dal lato rosso, no: se ci vai, é a tuo rischio e pericolo.
Questo plateau era fondamentale ai tempi della guerra, sia come punto di snodo dei diversi tratti iniziali del cosiddetto “cammino di Ho Chi Min”, che come punto sopraelevato di controllo sui dintorni.
Attorno all’area archeologica, l’uomo spinge urbanizzando sempre più.
Mentre mi riposo all’ombra di un albero, mi raggiunge un gruppo di ragazzi. Hanno 17 anni, oggi la scuola é chiusa e sono venuti a fare un giro. Mi parlano solo i ragazzi, mentre le ragazze restano a distanza.
Uno parla un inglese passabile, l’altro é quasi incomprensibile.
Dopo averli salutati, decido di tornare nella parte del sito con più giare.
Dalla cartina vedo che dovrebbe esserci un sentiero che taglia la collina, passando a fianco di una grotta, per ricongiungersi alla parte bassa con le giare.
Mi avvio sul sentiero, che però diventa man mano sempre meno battuto e visibile, sommerso da erba sempre più alta.
Avendo visto così tanti serpenti nei giorni scorsi, sbatto forte i piedi per terra ad ogni passo che faccio.
Il sentiero scende ripido dalla collina. Ormai é quasi invisibile, poi sparisce del tutto.
Mi ritrovo così sul fianco scosceso della collina quasi in verticale, in mezzo a erba alta quanto me, senza alcuna idea di dove potrei finire più in basso, essendoci ancora un salto di almeno cinque metri.
A malincuore, torno indietro, aggrappandomi alla vegetazione per tirarmi su.
Riprendo la moto per andare al secondo sito, é a una quindicina di chilometri.
I dintorni di Phonsavan sono molto costruiti con ville e altre strutture. Quasi più di quanto avevo visto a Vientiane.
Al secondo sito trovo la moto che avevo già visto a Vang Vieng e poi a Luang Prabang. Finalmente incontro chi la guida.
É un ragazzo statunitense che vive in Thailandia e sta facendo un viaggio di qualche mese tra Thailandia e Laos. É quasi arrivato alla fine del suo viaggio.
Ha un drone con cui fa delle riprese dall’alto, mentre io mi aggiro tra le giare, qui inserite in un suggestivo ambiente naturale che deve essere molto più vicino a quello originale di migliaia di anni fa, visto che si trovano ancora sotto un bel bosco.
Lo saluto e vado al terzo sito, ad altri quindici km.
Stavolta é più complicato, perché per entrare nel sito, si deve superare uno stretto ponte di legno, largo a sufficienza per far passare una persona e dopo letteralmente si entra dentro le risaie.
Si é costretti a procedere sugli stretti camminamenti che separano le diverse parti allagate delle risaie, in un labirinto di cui non si scorgono i confini e nemmeno, soprattutto, le famose giare per cui sono venuto !
Mi perdo nel dedalo deisentieri di terra, stando attenti a non mettere un piede in fallo, ritrovandomi con l’acqua chissà fino a dove!
Torno indietro a chiedere conferma e informazioni alla bigliettaia e trovo… la moto dell’americano!
Sta pranzando, lo aspetto e torno con lui.
Ci addentriamo nel dedalo e, tra ragionamenti e supposizioni a due, riusciamo a trovare il posto !
C’è una vista molto bella sulle vallate circostanti, anche qui le giare sono sotto gli alberi.
Torno verso la moto.
É quasi il crepuscolo, la luce é calda, dorata. Si sente l’acqua delle risaie che scorre, gli uccelli che cantano, i campanacci lontani delle mucche al pascolo. Che pace meravigliosa!
Vorrei ancora passare da Muang Khun, una cittadina a sud di Phonsavan dove c’è un tempio da vedere. É stato bombardato durante la guerra del Vietnam, il tempio é stato distrutto, ma la statua di Buddha é rimasta pressoché integra. Un simbolismo molto potente.
Inizio una pista che dovrebbe portarmi dal sito delle giare alla strada nazionale che porta a Muang Khun.
É ben tenuta, riesco ad andare ad una buona media. Passo in mezzo a risaie infinite.
Ad un certo punto, devo svoltare su un’altra pista, decisamente peggiore. Il fondo, oltre ad essere completamente sconnesso, é anche pieno di fango.
Una piccola mandria di bufali che scende la pista verso di me, senza lasciarmi alcuno spazio libero, mi fa decidere di tornare indietro.
Arrivo a Phonsavan quasi al crepuscolo.
Il tempo di fare un salto a vedere il monumento alla guerra del Vietnam e poi vado in un ristorante con terrazza che affaccia su un piccolo lago.
Il posto é pieno di giovanissimi, dai 16 ai 18 direi.
Mi guardano tutti, chi platealmente, chi di nascosto. Sono molto incuriositi da me, fino a quando dal tavolo a fianco al mio, mi invitano a sedermi a bere con loro.
Purtroppo la conversazione é limitata a quattro parole di numero, però ci scambiamo grandi sorrisi e proviamo a capirci.
Saluto i ragazzi e vado al ristorante per mangiare le rane. Sono morbidissime, quasi gelatinose e hanno milioni di ossicine. Non credo che diventerò patito di rane !
Chiacchiero un po’ con il gruppo di italiani venuto qui per girare il documentario. Sono arrivati oggi e sono stanchissimi dal viaggio, però riusciamo a parlare un po’ di noi, di viaggi e di altre storie interessanti.
Tornando in albergo sento della musica a forte volume, con qualcuno che fa il karaoke (ovviamente!!) provenire da una casa a poca distanza dalla mia guesthouse.
Vado a vedere e subito vengo invitato a entrare, non appena mi affaccio nel cortile.
Sono un dozzina, già completamente ubriachi. Mi unisco a loro, mi riempiono il bicchiere in continuazione . Poi, quando sento che sto ubriacandomi, inizio a rifiutare, anche se continuano a dirmi e invitarmi a bene.
Resto con loro un’oretta, poi li saluto.
Domani é prevista una lunga, lunghissima tappa di 260 km fino a Kong Lor, dove dovrebbero esserci delle grotte splendide.
Vedremo.
le giare…ma cosa dovevano contenere? e la tua barba??? carina! ho visto come ti abbracciano le signore del karaoke! le rane….percheè?!
Pare fossero per riti funebri, quindi contenenti ossa e reliquie, ma non é sicuro, ci sono tanti elementi discordanti… Le signore erano impazzite 😀
Le rane…so curioso, lo sai 😉
che sia stato saggio pestare forte i piedi per spaventare le eventuali bisce, in una zona dove fino a poco tempo fa c’erano mine? mah…diciamo che è andata bene così! Complimenti per il gruppetto festaiolo..non dirmi che ti sei messo pure tu a cantare, vero? alla prossima
Ahahah !! Me fai morì 😀
Stavo dalla parte bianca dei segnamine… almeno credo, non è che si vedesse granché 😀
E no, non ho cantato… anche loro non si capacitavano di come facessi a non seguire i sottotitoli in lao (non so se hai mai visto l’alfabeto lao…..) :O
E non potevi accennare l’eterno inno di Toto Cutugno????? 🙂 🙂
Confesso che per un attimo ci ho pensato… poi ho avuto un blocco alle corde vocali :O