Chiudo in fretta i bagagli, quasi in trance. Ormai praticamente la testa é a Bruxelles e la mente viaggia ai giorni scorsi, alle meraviglie viste, alle esperienze vissute.
Prima di partire vado a salutare il Mekong.
Lo vedrò ancora sia oggi che domani, ma ho voglia di osservarlo il più possibile per imprimermelo bene nella mente.
Per una serie di coincidenze, sbadataggini e sfortune, praticamente catapulto con forza il telefono che uso sempre sul marciapiede, facendogli fare un gran volo di faccia.
Schermo in mille pezzi, completamente fuori uso.
Fortuna che avevo già configurato il secondo telefono con le app che uso per scrivere il blog.
[per la cronaca, tutto il blog é creato e gestito al 100% con un magnifico BlackBerry Z30. Adesso i prossimi articoli li scriverò con il fratellino Z10, in attesa di cambiare lo schermo allo Z30]
Da diversi giorni mi dico che devo aggiungere dell’olio a Beauregard, ma continuo a dimenticarmi. Il cambio é diventato duro e quando faccio un po’ di km di fila, mi sembra che scaldi davvero tanto, troppo. Non vorrei rompere il motore proprio adesso !
Vado da un meccanico che avevo visto ieri, durante la passeggiata.
Scopro così che il proprietario dell’officina é un appassionato di cross, mi mostra fiero alcune foto dei suoi salti più spettacolari durante alcune gare.
Dopo aver aggiunto l’olio, il cambio torna ad essere un burro… ne aveva decisamente bisogno!
Prima di partire vado a visitare il tempio di That Ingha, un luogo di culto molto venerato e antico.
Trovo un monaco che benedice un’intera famiglia, aspergendoli con non so cosa al termine del rito. La versione buddista della benedizione cristiana.
Finita la cerimonia, torna a sedersi su una specie di trono a telefonare con uno smartphone enorme e dorato.
Il contrasto tra l’essenza, l’ascetismo e la modernità, la moda dello smartphone é eclatante.
Provo a far vibrare diversi gong che si trovano all’interno del tempio, ma non ci riesco con nessuno. Mentre invece nei giorni scorsi ci riuscivo sempre, ricevendo i complimenti dei laotiani.
Lo prendo come un segno, quanto meno del mio umore.
Riprendo la statale, direzione Thakhek.
Passo davanti al grande stabilimento della Nikon, che evidentemente ha esternalizzato in Laos almeno parte della produzione.
Ci sono anche diversi venditori a bordo strada. Stavolta, invece del cocco voglio cambiare. Diversi venditori hanno dei piccoli ananas, voglio provarli.
La signora da cui mi fermo, ne vende a gruppi di 6 a 15mila kip, cioè un euro e mezzo.
Le faccio capire che vorrei mangiarlo subito, visto che non saprei nemmeno dove mettere sei ananas, per quanto piccoli!
Senza chiedere altro, prende un coltellaccio affilato come un rasoio e inizia a sbucciarli e tagliarli a pezzi.
Buoni! É un attimo tornare ai meravigliosi ananas che ho mangiato durante la traversata della foresta amazzonica… era l’unica frutta che si trovava, dolcissima.
Mentre la mente vaga tra i viaggi, le persone, immagini passate e presenti, la moto, con un colpo di tosse, da un momento all’altro si spegne!
La benzina!!
Mi sono completamente dimenticato di farla e l’assenza del contachilometri non aiuta.
Chiedo in una casupola vicino alla strada e per fortuna il benzinaio più vicino é a pochi km.
Arrivo a Thakhek intorno all’una, in tempo per la fantomatica gara di barche che ero andato a cercare, senza successo, anche a Savannakhet.
Nella mia testa, avendo visto i monaci di Luang Prabang preparare grandi decorazioni di draghi e altre forme mitologiche e avendo letto che si tratta di una festa religiosa, mi ero fatto l’idea che la gara fosse in realtà una sfilata particolare, come quella thailandese che ho visto proprio qui a Thakhek un paio di giorni fa.
E invece scopro che si tratta proprio di una gara, tipo canottaggio.
Oggi si sfidano dal lato thailandese, una serie di squadre gareggia a più riprese per scegliere la migliore.
Domani sarà il turno del Laos.
E sabato si scontreranno la migliore della Thailandia con la migliore del Laos.
Speravo in qualcosa di più caratteristico e tradizionale, comunque osservo da lontano la gara ascoltando le urla del cronista lanciato a tutto volume da diverse radio attorno a me.
Mi avvio verso Pakxan.
La strada scorre veloce tra tratti residui, molto pochi purtroppo, di foresta.
Mi ricorda l’Amazzonia (la seconda volta oggi!) dove lungo la transamazzonica la foresta era completamente scomparsa per far posto agli allevamenti di bestiame e si vedeva soltanto a chilometri e chilometri di distanza, all’orizzonte.
Qui per fortuna non é ancora così, ma il legname resta una delle risorse principali del Laos e se non riusciranno a proteggere la foresta adeguatamente, farà la stessa fine.
Il tempo é perfetto, coperto al punto da avere una piacevole temperatura fresca e niente sole negli occhi. Peccato il vento, molto forte che arriva dall’interno, dalle montagne.
Passo a fianco ad un tempio molto bello ai piedi di una collina. Mi fermo per scattare qualche foto, un monaco un po’ sorpreso dalla mia vista mi saluta con grandi sorrisi.
Arrivo a Pakxan in tempo per vedere un tramonto magnifico sul fiume.
La città si trova nel punto in cui si uniscono un piccolo fiume e il Mekong.
Domani mi aspettano gli ultimi tristi 150 km per arrivare a Vientiane e prendere l’aereo che mi riporterà alla realtà.
Che peccato! Quest’anno neanche un brivido da frontiera…:-D
Aspé, ancora non é detto 😉
Comunque il brivido vero ce l’ho avuto all’andata, davvero per puro caso non sono partito col passaporto completo…
Se Jean Louis non mi avesse mandato quella mail, sarei partito … e tornato subito!! :O
Si capisce bene che non volevi proprio tornare. Telefono che ruzzola dalle mani scassandosi, gong che non suonano e moto senza benzina.
Eh sì… hai ragione !