In realtà non è una vera e propria ascesa, perchè da 3700 sono partito da Ollague e a 3700 sono finito, però ho salito tante di quelle montagne, che mi è parsa una vera e propria ascesa nella Repubblica Boliviana.
Ma andiamo in ordine.
La nottata è stata molto pesante, ho la sensazione di non aver dormito. Soffro l’altitudine, nei giorni scorsi ero arrivato fino a 2700 metri, ma qui sono mille metri in più e si sentono tutti. Basta anche solo girarsi nel letto e mi viene un fiatone come se avessi salito una rampa di scale. Poi, anche non facendo nulla, semplicemente sdraiato, ogni 20/30 secondi mi viene spontaneo tirare un sospirone. Dev’essere il mio fisico che cerca ossigeno.
Questo, unito ai 12 kg di coperte che mi gravano addosso, non hanno giovato al riposo.
La colazione consiste in una fetta sottilissima di formaggio stantio, una cofana di burro e due panini piatti e rotondi. Decido di fare come quando ero ragazzino: pane burro e zucchero.
Finisco di prepararmi e parto
Prima a caccia della benzina, qui a Ollague dovrebbe esserci. Mi dicono di provare in un ostello – ristorante, l’unico altro che c’è ad Ollague. Dall’aspetto sembra molto migliore di quello dove ho dormito. Faccio la prova, c’è anche il wifi! Che peccato!
Busso a oltranza, ma non risponde nessuno. Faccio i conti della benzina che mi è rimasta: almeno 350 km e da fare ce ne sono circa 200. Parto.
La frontiera cilena è a poche centinaia di metri da dove ho dormito. Nel giro di una decina di minuti ho finito. Prendono i documenti, la dichiarazione notarile, il libretto, ecc, poi il doganiere mi chiede:
“Ma questa moto torna in Cile?”
E io: “Sì!” e mentre lo dico inizio ad arrovellarmi su cosa potrebbe succedere se invece non torna in Cile, come al 99% sarà. Là per là mi è sembrato molto più facile rispondere sì, piuttosto che iniziare a spiegare nel mio pessimo spagnolo, che la moto l’ho comprata e resterà con me.
Speriamo bene.
Supero i pochi km di terra di nessuno con un po’ di trepidazione per quello che potrebbe accadere alla frontiera boliviana.
Arrivo e inizio una girandola di uffici, in tutto saranno quattro. Ma nessuno fa una piega nè per il fatto che la moto non sia intestata a me, nè per la dichiarazione notarile. In 40 minuti scarsi sono fuori!
Boliviaaaaa!!! La gioia è tanta e inizio ad affrontare la pista di slancio. Non un solo cartello che indico Uyuni. Per fortuna ho chiesto ad un signore prima di ripartire dalla dogana:
“Devi prendere la pista di destra, non quella dritta!”
Inizio così una serie di salite lunghissime, l’ultima delle quali non si spreca nemmeno più a darmi tregua: continua ininterrotta per km e km. Mi spiace non avere dietro un altimetro. Sono partito da 3700 metri, ma per quanto sono salito, sicuramente ho superato i 4000, però sono curioso di sapere di quanto.
E’ buffo sentire la moto come all’inizio regge la terza, poi inizia a tossire, ma tiene la seconda. Sull’ultimo salitone infinito, davvero un’ascesa al cielo, metto la prima. Dopo qualche km anche con la prima, la moto inizia a scalciare e tossire. Rallenta.
Bene, mi dico, se nemmeno la prima ce la fa, che faccio, spingo?? Però prosegue, tra un borbottio, uno scalcio e un scoppio, è una sfida tra chi resiste: la salita che non vuole finire e Nelinkas che non vuole fermarsi.
Dopo minuti interminabili, la salita si addolcisce e si trasforma in altipiano. Nelinkas ce l’ha fatta e festeggia riuscendo di nuovo ad allungare in seconda e terza.
Altra cosa buffa che sto sviluppando in questo viaggio, considerare i 50 km/h una Signora Velocità, che ti permette di andare un po’ ovunque. Dopo ore e ore passate in questi giorni a 40, 30 e 20 all’ora, finisci per pensare che a 50 stai sfrecciando e puoi pensare di fare una bella tappa.
Il paesaggio è meraviglioso, immenso, sotto montagne imponenti, immense distese di piante dai colori verde e giallo e poi rocce dalle forme più strane.
Mi spiace quando finiscono le montagne. La pista diventa più facile, ma è anche meno affascinante.
In realtà dopo una lunga e noiosa pianura, riprendono delle piccole alture sulle quali avvisto parecchi lama e in un paio di occasioni mi tagliano la strada.
Ricomincia la pianura, per sicurezza guardo il navigatore e scopro di essere totalmente fuori pista. Poco fa ho superato un paesino e c’era una deviazione, ma mi pare impossibile fosse quella la pista. Il problema è che non c’è nessuno a cui chiedere.
Passano i km, ma il navigatore mostra sempre una freccina blu, la mia posizione, nel mezzo del nulla. Sono su una pista non segnata. Nello specchietto vedo che mi sta raggiungendo un’auto. Mi fermo e faccio cenno di fermarsi. Per fortuna rallentano e poi si fermano un poco più avanti.
Tiro un sospiro di sollievo quando mi confermano che la pista è giusta. Però un cartello non dico ogni tanto, ma ogni 100 km potrebbero metterlo!
I km passano, nonostante l’altitudine e il falso piano, riesco a mantenere i 50 all’ora e intorno alle 16 arrivo in vista di Uyuni.
La pista corre in mezzo ad una distesa immensa di terra spaccata dall’aridità. Il colore farebbe pensare ad una terra fertile, peccato la totale assenza d’acqua.
Uyuni e albergo subito trovati e domani la dedico interamente al salar, non vedo l’ora!