[da cantarsi sulle note di Italia sì, Italia no (La terra dei cachi) di Elio e le Storie Tese]
Riesco ad essere in sella alle 8, pronto per cambiare i troppi bolivares che ho preso ieri a El Callao. 800 bolivares mi fruttano 50 reais. Non ho la più pallida idea del valore di quello che ho cambiato e di quello che ho preso, ma va bene così visto che non ho alternative.
Il cielo è terso, l’aria fresca, vado verso la frontiera con ancora il dubbio se dire subito la verità, e cioè che sono il nuovo proprietario della moto, però senza documenti, oppure provare la via che ha funzionato fino ad oggi, ossia con i documenti intestati a Nicola e, nel caso mi facciano problemi, con la dichiarazione del notaio cileno.
Il lato venezuelano è moderno e veloce. Il caos della frontiera di Maracaibo è un lontanissimo ricordo. In pochi minuti sbrigo il controllo del passaporto e in ancora meno tempo l’uscita del veicolo.
Mentre torno alla moto, incontro uno che viaggia da solo. E’ svizzero, si chiama Hans. Anche lui va verso Manaus, solo che viaggia con una spaziale BMW HP2 attrezzata da cima a fondo. Vorrei proporgli di andare insieme, ma la velocità è sicuramente diversa, però gli faccio la battuta. Alla quale ride, appunto, in quanto battuta. Quando gli dico il giro che ho fatto finora, mi guarda come se avessi le antenne, le orecchie a punta e fossi tutto verde!
Bene, siamo alla resa dei conti, il Brasile. Arrivo dal loro lato, parcheggio e chiedo ad un doganiere dov’è il controllo dei passaporti. Me lo indica.
“Perdona, y donde esta l’oficina por l’importacion de la moto?”, dov’è l’ufficio per l’importazione della moto?
“No necesita mas!”, mi risponde che non serve più!
Faccio fatica a non iniziare a ridere dalla felicità!! Lo ringrazio e mi avvio verso il controllo passaporti, con un sorriso irrefrenabile! Non riesco a crederci!!
Nei giorni scorsi avevo letto di una nuova legge approvata a fine luglio, quindi un mese fa esatto, che rendeva non più necessario i documenti per i veicoli, però non avevo ben capito se rientravo anch’io, anzi, sembrava proprio di no. E invece sì!!
Sono felicissimo, in pochi minuti sono in Brasile e inizio a viaggiare sui saliscendi delle colline, pensando a tutte le preoccupazioni, le delusioni, le arrabbiature, le spese inutili, il tempo perso, le persone disturbate: tutto sparisce d’un colpo! Meraviglioso!!
La strada torna quasi a livello del mare e il caldo aumenta di conseguenza, la vegetazione è rada, ma non come nella Gran Sabana venezuelana.
Gli spazi sconfinati, la strada che dondola tra gli alti e i bassi delle colline vengono esaltate oltre che dalla gioia di essere riuscito a entrare, anche da uno dei più begli album degli U2, War, del 1983, esattamente 30 anni fa. Ascoltare New Year’s Day o Like a Song guidando su queste strade riempie il cuore di felicità, ti senti come espandere, desiderando di perdere i tuoi confini fisici per unirti alla meraviglia che ti circonda.
Se fossi chiuso in un’auto o ancora peggio in un pullman, senz’altro questa sensazione non avrebbe la stessa intensità.
A lato della strada vedo ampie zone allagate, deve aver piovuto moltissimo. I fiumi che supero sono gonfi d’acqua marrone scuro.
Ci sono molti allevamenti, immensi. Ampie aree verdi con centinaia di bovini a ruminare. Poi in lontananza, di tanto in tanto, delle piccole aree fitte di bosco. Che doveva essere lo stato originale di tutto questo territorio, ora disboscato per far spazio agli allevamenti di bestiame e all’agricoltura.
Come hanno fatto anche gli europei, molto tempo fa.
Il problema è che il pianeta è in uno stato di salute già compromesso e qualsiasi ulteriore peggioramento ha effetti deleteri e quindi ci sentiamo in diritto di criticarli per ogni scelta che impatta negativamente l’ambiente.
E’ di pochi giorni fa la notizia che l’Ecuador ha rinunciato ad un piano di sovvenzioni per evitare di sfruttare i giacimenti petroliferi presenti sotto la sua foresta pluviale. Ora quindi le compagnie petrolifere potranno trivellare liberamente, con effetti devastanti sul territorio e sulle già precarie comunità indigene ancora presenti.
Le aree disboscate stringono il cuore, centinaia di mozziconi di tronco che emergono dal terreno, coperto di erba verde o giallastra intramezzate dal rosso della terra.
Supero il Rio Branco, immenso! Sicuramente è anche per effetto delle recenti piogge torrenziali di cui continuo a vedere gli allagamenti nei campi intorno e nei sentieri, ora trasformati in colossali pozzanghere, che portano alle varie casette costruite a lato della strada.
Ogni tanto trovo Hans che mi aspetta ad un bar o in una stazione di servizio. Lui si riposa, mangia, fuma e quando io arrivo, scambiamo due chiacchiere e subito riparto per non perdere troppo tempo.
In una di queste soste, ci fermiamo in un bar per bere qualcosa di fresco. Ci sono due tavoli da biliardo all’aperto, appena sotto la tettoia che protegge il bar. La musica ad alto volume, caraibica, esce da una cassa mezza rotta poggiata sul pavimento. Ridono e si sfidano, camminando attorno ai tavoli, ognuno per studiare e poi tirare il colpo che dimostrerà la sua bravura. Qualche passo di danza accompagna i colpi messi a segno, le urla di scherno dell’avversario, invece, quelli andati male.
Mi chiedo se invidiarli oppure no. Da un lato quella che sembra una vita senza pensieri, dal ritmo lento, incentrata sulle relazioni umane, in mezzo alla natura, mi sembra ideale, un qualcosa a cui aspirare. Poi penso che probabilmente con l’attitudine al desiderio perenne, al cambiamento mi farebbero smaniare dopo poco tempo.
La giornata e i km passano velocemente. Le nuvole nello specchio del cielo di tanto in tanto si rompono in colonne d’acqua. Finisco dentro una di queste, non c’è modo di sfuggire. Il grumo di nuvole è reso ancora più affascinante, oltre che dall’aspetto drammatico dello scuro e della pioggia che scende, da un piccolo arcobaleno creato dal sole che sta per tramontare all’orizzonte.
Mi accuccio sul serbatoio della moto, accelero al massimo ed entro nel muro d’acqua. Sento la giacca e i pantaloni che si raffreddano, alcuni rivoli d’acqua che entrano nelle mani e sulle gambe, ma in pochi minuti esco dal cono di pioggia e torno nel caldo. Dopo qualche km sono di nuovo asciutto.
Raggiungo Hans a Novo Paraiso. Ci dicono che a una trentina di km c’è una cittadina con alberghi e altri servizi.
Mi aspettavo di entrare di più nella foresta, immaginavo una striscia di asfalto stretta dal fitto della foresta, ma per ora sono solo allevamenti e, di tanto in tanto, riquadri di foresta.
Forse domani sarà diverso, visto che dovrei arrivare nel cuore della foresta amazzonica, Manaus! Mi fa ricordare le avventure del mitico Mister No, ma anche il libro che ho letto di recente, Il Teorema del Pappagallo, parzialmente ambientato proprio in quella città.
Questo nome, Manaus, mi fa sognare lontane avventure e fino a poco tempo fa, mai avrei pensato che sarei arrivato qui, guidando una moto per giunta! Ma questo viaggio è un continuo “mai avrei pensato …”
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