Lungi da me disquisire sulla teoria sviluppata da Einstein all’inizio del ‘900. Faccio piuttosto riferimento a come giudizi, opinioni e impressioni siano tutti relativi al punto di vista, alle esperienze ed alle conoscenze di chi li esprime.
Tutto è relativo. L’ho sentito dire e a mia volta l’ho detto un’infinità di volte, ma spesso il concetto e le sue implicazioni continuano a sfuggirmi.
Come ad esempio con la pista di oggi.
Arrivando a Barreirinhas avevo notato che la terra aveva lasciato il posto alla sabbia alcune decine di km prima; avevo anche visto alcune piste di sabbia profonda, con i classici morbidi solchi che si allontanano serpeggiando nell’entroterra. Infine sapevo che la pista “diretta” che porta a Paulino Neves è di sabbia profonda.
Tutto questo è da tenere in considerazione quando qualcuno del posto dice “c’è un’altra pista per Paulino Neves che è facile! Più lunga, ma non c’è sabbia”
Ma questo non l’avevo pensato e prima di partire per questa pista, ancora penso che tutto sia come mi hanno assicurato almeno dieci volte, tre persone diverse, ossia “tutta pietra, una pista dura!”
Questo è quello che so, oltre alla lunghezza, 90 km. Più lunga, ma se è tutta dura, che problema c’è?
“Non sono 90 km, ma 100!”, precisa la nuova guida mandata da Michael, visto che lui ha un altro impegno. Ottimo!
Torniamo indietro per qualche km sulla strada fatta arrivando da Sao Luis, poi deviamo sulla sinistra. Un cartello indica un parco nazionale o qualcosa del genere, non faccio in tempo a leggere, qualcosa con “rosso”.
E effettivamente la terra è rossa, come quella dell’Amazzonia. Peccato che lasci il posto quasi subito alla sabbia!
Inizio a “remare” nella sabbia, che cattura la ruota anteriore e la fa andare dove vuole lei, a seconda di come è disegnato il solco più profondo. E tutta la moto dietro che, se non è in asse con la direzione presa dalla ruota anteriore, si inclina e sembra volermi sbalzare via.
Dopo le prime sbandate forti in cui dò grandi zampate a terra per restare in piedi, la guida acconsente a portare Caterina, per alleggerire il carico.
Continuo però ad avere grandi difficoltà, c’è ancora troppo peso che grava sulla ruota anteriore. Mi fermo nuovamente e lego la borsa da serbatoio sulla sella lasciata libera da Caterina.
La situazione migliora leggermente, ma la sabbia è troppa e continuo a fare una fatica enorme per restare in piedi. La pista attanaglia la ruota anteriore e la sposta, la trattiene, la afferra. E io dietro, a cercare di restare dritto, a non dargliela vinta, a voler comandare.
Dopo 35 km ci fermiamo in un paesino. Abbiamo impiegato 2 ore, ottima media. Di questo passo gli altri 75 km li faremo in più di 4 ore.
La guida continua a dirmi che tra poco la pista migliorerà:
“Diventa più dura, non preoccuparti! Anzi, dimmi: sul duro a quanto riesci ad andare?”
Quasi mi ci fa credere e gli dico che se il fondo è duro, vado veloce senza problemi, anche a 60 o 70, dipende!
La guida sembra sollevata, ci crede anche lui: “bene, vedrai che migliora, perché fino a qui passano molte macchine e rovinano la pista, dopo invece ci passa molta meno gente e la pista è migliore”.
Bene, anche se in realtà mi dà due notizie: una sulla pista che migliora, buona notizia. L’altra sul numero inferiore di auto che, aggiungo io, potrebbero darci una mano in caso di difficoltà o problemi! Cattiva notizia.
Ripartiamo ed effettivamente la pista migliora. Delle pietre si affacciano dalla sabbia a dare una consistenza maggiore al fondo. Attraversiamo dei ruscelli su piccoli ponti di legno. Devo fare attenzione ai chiodi che sporgono dalle assi, ci manca solo che buchi qui!
Poi, inevitabilmente, la pista peggiora nuovamente. Sempre più sabbia, fino a invertire la situazione: da pista dura con qualche parentesi di sabbia, a pista di sabbia con qualche parentesi di pietra.
In una delle soste la guida mi propone uno scambio di moto. A momenti si cappotta anche lui (“è molto pesante con tutti questi bagagli!” … eh già, non me n’ero accorto …) e io non riesco a guidare la sua moto, completamente storta per vari incidenti, la leva del freno rotta (!) e la frizione con una corsa utile di uno o due centimetri.
Torniamo ognuno alla sua moto.
Impreco e maledico Michael e l’altro tipo dell’agenzia che mi hanno mandato a cuor leggero su questa pista lunghissima e impestata di sabbia. Tutto è relativo per me, ma anche per loro, diamine! Devono pensare che una persona che viaggia con un 125 carico con un passeggero e qualche decina di kg di bagaglio, potrebbe avere delle difficoltà.
La situazione peggiora progressivamente ed inizio a pregare per un’auto che possa portare anche i bagagli. Solo che la pista è molto meno trafficata, finora non abbiamo incrociato che tre o quattro moto, nessuna auto.
Passeranno sì e no cinque minuti da quando prego per incontrare un’auto, che guardo nello specchietto e vedo il muso di una macchina in lontananza, alle mie spalle!
Un nuovo miracolo!!!
Mi piazzo al centro della pista, devono fermarsi! E’ una coppia di giovani brasiliani.
“Anche noi dobbiamo andare a Paulino Neves e stiamo imprecando su questa pista maledetta, ci avevano detto che era tutta dura, senza problemi! Invece non faccio altro che toccare sotto e rischiare di insabbiarmi. Ho già spaccato la marmitta!
Gli mollo tutto tranne la tanica che tengo per non intossicarli. La guida mi chiede qualche litro. Anche Caterina sale in auto, molto più comodo e sicuro che non in moto con la guida.
“Bè, ora che Caterina e bagagli sono nell’auto, io torno indietro!”, esclama la guida provando a svincolarsi.
“Eh no, ti ho pagato, né noi né loro conosciamo la pista, ci accompagni fino in fondo!”
La situazione migliora, ma non radicalmente, continuo ad avere paura della sabbia. Non mi piace, il mio istinto di conservazione non mi fa guidare come dovrei, ossia col peso indietro, stringendo la moto tra le gambe e dando gas! Va anche detto che non è facile farlo con soli 11 cavalli.
Comunque sono più tranquillo e vado meglio e ringrazio nuovamente Dio quando vedo che la pista peggiora e peggiora. Arriva una salita e l’auto si insabbia. Caterina e la moglie del guidatore scendono, io e la guida proviamo a spingere, nulla.
Cambiamo approccio, facendo scendere l’auto, che prende la rincorsa, ma si insabbia nuovamente.
La guida propone di guidare l’auto. Nulla, insabbiato! Ci riprova, nuova ricorsa ancora più lunga: botte violente, sterzate e controsterzate, ma di nuovo si insabbia a metà salita.
Terzo tentativo, prova un altro lato della salita di sabbia e … riesce!
Joao, il ragazzo dell’auto, torna al volante, e la guida alla sua moto. Joao e Tatiana sono arrabbiati quanto noi per la situazione, e altrettanto felici perchè non ce l’avrebbero fatta senza di noi. Lo stesso vale per noi. L’unione fa la forza!!
Nuovi paesini dispersi nelle sabbie del Maranhao, collegati dalla pista di sabbia. Nuova lunga salita di sabbia profonda. Mi insabbio anch’io. Scendo e spingo la moto che, senza niente e nessuno a bordo, fatica comunque ad andare su. Terribile!
Anche l’auto ha grandi difficoltà, ma dopo qualche tentativo fatto dalla guida, riusciamo.
Questa è una delle situazioni in cui i km non passano. Ogni tanto l’occhio va veloce al contakm, ma vede sempre la stessa cifra o poco diversa. Inizi a pensare che si sia rotto il tachimetro, ma no, funziona regolarmente. Sono i km che durano molto di più e l’unico appiglio è la forza di volontà.
Continuo a ripetermi di non mollare, che prima o poi finirà. I 70 km diventano 60. Dopo un tempo infinito 50, poi 40, 30, 20. Non posso mai rilassarmi, perchè quando meno me l’aspetto, la moto affonda nella sabbia, la ruota anteriore si piega terribilmente e la moto vuole sbalzarmi fuori, cadendo a destra o sinistra.
Nuovi paesini prigionieri della sabbia, i km nonostante tutto passano e finalmente il momento che aspettavo da ore: sento l’auto che suona il clacson con Joao che tira fuori il braccio in segno di vittoria. L’asfalto!!!!!
Con Joao e Tatiana i salutiamo calorosamente dandoci appuntamento a Jericoacoara. L guida invece si lancia in proclami battaglieri:
“Torno dalla pista breve di sabbia profonda (e indica un’altezza fino al ginocchio)”
“Ma perchè, visto che è tanto peggiore?”, chiede Caterina.
“Perchè mi piace l’avventura …”
Joao e Tatiana se ne vanno, io lego lentamente i bagagli, ancora provato dalla pista appena finita. La guida rimane lì a fissare il vuoto.
Poi evidentemente capisce che impiego ancora diversi minuti, si stufa e imbocca la pista “facile” per tornare a Barrerinhas.
Puntiamo a Parnaiba, a 120 km da qui. Ci fermiamo per bere e mangiare un boccone, poi riprendiamo la strada, di lunghi saliscendi in mezzo ad un bosco di basse piante che arrivano all’orizzonte. Provo a immaginare come dovevano essere quelle lunghe salite e discese quando c’era ancora la pista di sabbia.
Superiamo il Rio Parnaiba, molto grande ma dopo aver visto il Rio delle Amazzoni non mi impressiona. Tutto è relativo, dicevamo.
La città di Parnaiba si presenta deserta. Probabilmente è per via della festa di indipendenza. Troviamo una bella posada nei pressi dell’antico porto sul fiume.
Sono a pezzi e anche Caterina è molto provata dalla giornata, ci limitiamo ad una cena minima ed una breve passeggiata.
E domani, diretti a Jericoacoara! Entrambi abbiamo perso ogni velleità di pista sulla battigia del mare, desideriamo solo raggiungere una sdraio ed un ombrellone il prima possibile!!
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