Fino in Turchia, volando attraverso la Grecia

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Mi sveglio alle 4:30, ma in realtà non mi sono mai addormentato, tra urla dalle cabine, persone che corrono nei corridoi e braccia e gambe addormentate in posizioni impossibili.

Dopo pochi minuti uno dell’equipaggio inizia a bussare alle cabine urlando Corfù. Scopro così che fermiamo anche lì. Praticamente un interregionale!
Appena mi vede mi intima di andarmene. Farfuglio che va bene, ha ragione, aspetto che giri le spalle e mi rimetto giù.

Dura poco però, perché parecchio prima delle 6 arriva il turno di Igoumenitsa. Mi vede che sono ancora esattamente dove mi ha lasciato nemmeno un’ora prima, ma non dice nulla.

Mi preparo e ammiro l’ingresso in porto, nella morbida ed eterea luce dell’alba.

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Pochi minuti dopo le 7 inizio ad arrampicarmi sulle montagne alle spalle di Igoumenitsa. Il pensiero corre subito alla Pollita, a quanto avrei faticato con lei su salite ripide così… però quanto mi manca!! La sua semplicità e naïveté e naturalmente tutta l’atmosfera dell’anno scorso, l’esperienza che, in questo periodo, stavo facendo già da un mese e mezzo e ne avrei avuto per un altro mese e mezzo.

La mente si perde nel passato prossimo del viaggio in Sud America e in quello remoto della memoria di bambino prima e adolescente poi, risvegliata dai profumi meravigliosi e dolci di macchia mediterranea e pini. Rivivo i viaggi in Jugoslavia, in Calabria che hanno segnato la mia gioventù fino ai 18 anni.

Le ore passano lente e i km anche. Il caldo aumenta esponenzialmente e ho un sonno tremendo. A volte mi accorgo che sto iniziando veri e propri sogni, mi ritrovo a pronunciare frasi sconnesse dalla realtà, ma legate a quelle che la mia mente inizia a creare non appena l’attenzione cala.
Però voglio arrivare ad ogni costo, tengo duro e mi fermo un paio di volte per riposarmi e mangiare qualcosa.

I paesaggi cambiano, esco dalle montagne ed entro in pianure oppresse da un caldo soffocante.
Nonostante il caldo, però, il verde resiste. I colori sono rari e il più comune é quello dei girasoli, ormai secchi, ma ancora con quelle belle tonalità gialle.

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Finalmente arriva il bivio che sale lungo il confine turco per arrivare a Edirne. I paesini che attraverso sono deserti, non un’anima in giro. Chissà se é per il caldo o per il “progresso” che li ha svuotati.

Fiancheggio un grande fiume, l’Evros. Noto anche diversi campi allagati e altri danni. Non capisco se sono ancora le conseguenze dell’alluvione che ha colpito la Bulgaria qualche settimana fa oppure se sono più recenti.

Imbocco l’ultimo bivio che mi porta alla dogana, tra villette con giardino, tutte disabitate e campi coltivati. Inizio anche a chiedermi se é aperta, perché non ho preso informazioni da nessuna parte e negli anni mi sono trovato davanti a dogane chiuse per gli stranieri o altre aperte solo per scambio merci. Ormai ci sono e non mi resta che provarci!

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Il posto di frontiera é minuscolo, la parte greca velocissima. Dal lato turco, un ragazzo quando vede dal passaporto che sono italiano si apre in un sorriso e mi dice che la squadra di calcio del Livorno é passata di lì qualche tempo prima.
“Forza Livorno!!” grida ridendo, mentre la ragazza che sta registrando la moto é più dura, accigliata.
“Mi trova il suo nome, qui sopra?”, con l’aria di dire, “Furbetto, dov’é il tuo nome, di chi é questa moto?!”.
Ma sono tranquillo, sono lontani ormai i tempi di quando viaggiano con Nelik, intestata a mio padre e regolarmente dovevo discutere perché non avevo nessuna dichiarazione del notaio che dichiarasse che me la dava.
“Ecco, sono qui”, le dico girando il libretto e indicando l’adesivo col cambio di proprietà.

Entro a Edirne da un ingresso secondario, piccole strade pavimentate di porfido.
Trovo subito l’albergo, il tempo di una doccia e di riposare qualche minuto ed esco. Voglio approfittare di essere arrivato alle 5 del pomeriggio!

Il centro é molto carino, pieno di localini in piccole piazze ben tenute, l’atmosfera é rilassata.

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Vado subito nella famosa moschea di Sinan, il famoso architetto della splendida Moschea Blu di Istanbul. Dicono, anzi lui diceva che questa era più bella, la più bella che avesse costruito.

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Mi fermo all’interno, ad ammirare la splendida cupola. Con me poche altre persone, alcune pregano, altre curiosano come me. Turisti, nessuno. Fantastico.

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Faccio il giro della parte esterna, la linea é elegante, le forme si richiamano l’una con l’altra come in una sinfonia.

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Colgo qualche scorcio e dettaglio interessante e proseguo la passeggiata nel resto del centro.

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Esco dal bazar subito sotto la moschea

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Pieno di venditori di lukum e altri dolci, ceramiche e altri souvenir e artigianato.

Un’ultima visione d’insieme alla splendida Moschea

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E mi reimmergo nei vicoli del centro.

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Ci sono molte abitazioni in legno, splendide. Nel centro di Istanbul sono sopravvissute solo in una piccola zona alle spalle di Santa Sofia.

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Qui invece c’è ne sono molte, ovunque, alcune cadenti, altre ristrutturate di fresco.

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(se lo dice da sola!! 😉

Torno fino ai due splendidi ponti che ho superato quando sono entrato in città. Uno in particolare, il più antico e spettacolare, ricorda moltissimo il meraviglioso ponte sulla Drina   decantato da Ivo Andrić. Sinceramente mi é piaciuto di più quello a Višegrad, ma anche questo é splendido.

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Torno in albergo prima che faccia buio. In città girano due caroselli di macchine, incluso un furgone con una banda a bordo che suona a tutto andare. Sono due matrimoni e passo davanti ad un locale addobbato a festa, sicuramente li sta aspettando.
Purtroppo però inizia a girarmi la testa, sicuramente la stanchezza e l’arretrato di sonno.

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Torno in albergo e finisco i panini che ho portato dall’Italia… sembrano ancora buoni!
Domani vorrei arrivare sul mar Nero, é lontano, ma spero di farcela…

Insciallah, ovviamente!

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10 pensieri su “Fino in Turchia, volando attraverso la Grecia

  1. Eee… che bella scrittura da subito anche se era parecchio che non scrivevi.
    Bello.
    Però aggiungo:
    certo se non crolli ( hai detto che ti girava la testa dal sonno ieri no? ) di stanchezza ogni volta fino alla fine delle forze sembra ti dispiaccia.
    E quindi:
    Riusciresti a stare seduto mezz’ora su una poltrona. Immagina i piedi allungati su un sostegno di un qualcosa, le mani appiattite dietro la nuca a mo’ di cuscino a guardare un bel tramonto senza fare nient’altro che pensare, eh?

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