Lungo la costa del Mar Nero

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Mi sono reso conto che ho iniziato tutti gli articoli con il segnale orario a cui mi sono svegliato… e quindi non posso esimermi nemmeno stavolta. Signori, seconda volta in due giorni, ho dormito 8 ore… che ci stia prendendo gusto??
Anche se più di un amico mi criticherebbe, perché si dorme a casa… in viaggio si approfitta di ogni secondo, poi quando ci ritorni in certi posti?

Ma tant’è, festeggio la dormita e lo stomaco ritrovato con una bella colazione.

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Saluto Safranbolu alle 11.

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La strada fino ad Amasra scorre veloce, la classica arteria a quattro corsie che si snoda tra colline coperte di boschi. La parte finale diventa davvero bella, scorre lenta in mezzo a dei boschi che lasciano appena filtrare la luce del sole.

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Una di quelle strade che vorresti non finissero mai.

Arrivo allo svincolo per Amasra, mi fermo a guardarla dall’alto, quando vengo avvicinato da cinque ragazzi che iniziano a chiacchierare chiedendomi da dove vengo, della moto ecc.

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Il più intraprendente é Tugrul, mi chiede tutti i riferimenti email, Facebook, ecc.
Mi chiedono anche l’età. Quando rispondo “41”, quattro-uno con le mani per essere sicuro che abbiano capito, si guardano e fanno delle esclamazioni che non riesco a capire se sono “ammazza che vecchio, che stai a fa’ ancora in giro, vatte a ripone” oppure “wow che figo, te li porti alla grande, un giorno vorrò essere come te”.
Per il mio benessere interiore opto per la seconda interpretazione.

La strada che scende ad Amasra é senza uscita, cioè precipita nella cittadina e finisce lì.

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Sono le 12:30. Una persona giudiziosa con più di 300 km da fare, saluterebbe Amasra dall’alto e si incamminerebbe verso Sinop.
Io ingrano la prima e inizio la discesa a precipizio. Sfortuna vuole che raggiungo subito un autoarticolato che scende a passo di lumaca.
Mi accorgo troppo tardi che perde gasolio, ci finisco sopra con le ruote, che slittano simultaneamente. Non so come, riesco a restare in piedi!
Vista la pendenza e le mille curve é impossibile superarlo, quindi devo continuare ad evitare la striscia di gasolio che continua a lasciare per terra.

In una curva particolarmente stretta, incrocia un’auto che sale. Ci fermiamo tutti per permettere la manovra. Ho appena messo un piede a terra, che mi sento colpire con una certa violenza da dietro. Un’auto ha preso la valigia destra. L’istinto mi fa mollare subito i freni, altrimenti sarei immediatamente a terra. Do’ una prima zampata, più per terra che in piedi, mentre continuo a scendere do’ la seconda zampata, un po’ più dritto stavolta; la terza zampata é quella che mi rimette in equilibrio.
Per lo spavento e la paura di cadere, mi giro e grido: “MA DOVE CAZZO GUARDI QUANDO GUIDI?!?!?!?”
Mi accorgo così che al volante c’è una ragazza che non sa più dove nascondersi dalla vergogna e mi chiede scusa con la mano.
Non mi fermo nemmeno, continuiamo a scendere. Dallo specchietto vedo che adesso tiene una distanza di almeno 10 metri. Mi viene da ridere e vorrei chiederle scusa per la reazione forse esagerata, ma non mi va di fermarmi.

Al porto prendo un caffè turco e un succo di frutta e riparto.

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Bilancio della sosta: due incidenti rischiati, un’ora persa, due foto. Il ragazzo giudizioso aveva ragione.

La strada é ancora più brutta di quello che temevo. Stretta, piena di buche come nel centro di Roma (e chi la conosce sa di che parlo, sampietrini mon amour), con tratti sterrati e altri pieni di brecciolino e terra oppure il buon vecchio gasolio a dare quel brivido di “finirò giù dalla scarpata o finirò la curva? Chissà!”. In tutto questo, la variabile impazzita, il tocco di imprevedibilità lo danno i guidatori turchi, che hanno un concetto molto vago di “corsia” e ignorano del tutto quello di “precedenza”.

Per fortuna i paesaggi sono splendidi, montani come non te li aspetteresti.

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Proseguo la cavalcata, i km passano lentissimi. Prendendo dei rischi, riesco a tenere una media di 50/55 km orari. Significa che ho davanti sei ore di guida molto impegnativa… non é incoraggiante.

Mi fermo in una curva per scattare una foto e mi accorgo di un angolo di paradiso qualche decina di metri più in basso.

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Riparto pensando a quanto sarebbe bello fermarmi lì per la notte, peccato che devo arrivare fino a Sinop. “Devo??”. Inizia così una lotta epocale tra gli elementi, una battaglia tra la prenotazione che ho fatto stamattina via internet e l’anarchia di una scelta improvvisa. Sento le voci di Nicola e Carlo che mi dicono “ma ‘ndo vai, so’ le tre e mezzo, arrivi col buio… fermati, te fai un bagno e domani riparti in grazia di Dio”.
Tutta questa manfrina mentre intanto ho ripreso a guidare e, finché non mi decido per tornare, ho percorso svariati km.
Li conto, sono 11 dal punto in cui ho deciso di tornare indietro fino alla spiaggia.
Chiedo se c’è un albergo, si mettono a ridere. Una pensione? Niente, sempre più comico.
Mi chiedono se ho una tenda. Niente da fare.
Torno sulla statale impestata di curve, mentre mi dico che non ho insistito abbastanza, che ho mollato subito, che potevo provare a chiedere nell’altro grande edificio dall’altro lato della spiaggia. Che potevo dire che ho il materassino, mi sarebbe bastato un tetto sopra la testa e forse nemmeno quello.
Niente, nonostante sia tornato indietro sento ancora il biasimo dei miei due amici davvero liberi che conosco, però mi attacco al fatto che almeno c’ho provato.

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Le curve continuano imperterrite, impietose. Ogni tanto mi fermo per fotografare scorci particolarmente belli.

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La giornata volge al termine e anche le curve per fortuna. Giungo in vista di Sinop, finalmente!

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Arrivo alle 19:30, esattamente 6 ore per percorrere poco più di 300 km… avevo fatto bene le previsioni!

Arrivo in albergo. Tutto sommato sono contento di averlo prenotato stamattina, adesso non avrei avuto voglia di sbattermi a cercarlo.
Quando il portiere legge sul passaporto  che sono nato a Parigi si allarga in un sorriso e mi chiede se possiamo parlare in francese. Ma certo! Mi fa sempre piacere usare le lingue, ora non mi resta che trovare qualcuno che parla in spagnolo. Per il russo… ho un’ideuzza che forse metterò in pratica nei prossimi gironi, vedremo!

In stanza controllo la valigia. Un bel colpo, effettivamente!

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Esco per fare un giro. Non mi va di sedermi ad un ristorante, per cui arrangia la cena con quello che trovo nelle bancarelle per strada: 10 cozze ripiene di riso, una pannocchia arrostita, un gelato.

C’è molta vita: famigliole con figli, coppiette giovani e meno giovani, gruppi di ragazzi e ragazze. Ci sono bancarelle di ogni tipo e giochi come il tiro a segno ai palloncini in acqua. Non ho capito cosa si vince, però.

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Rintraccio non senza fatica l’antica torre dell’orologio, poi capisco perché non la trovavo. Hanno costruito davanti, a nasconderla in gran parte, un orribile edificio che ospita orribili negozi di orribili vestiti. Complimenti!

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Avevo dimenticato la pasticceria turca, in grado di partorire torte dall’aspetto inquietante. Nei prossimi giorni mi ci dedicherò con più attenzione.

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Finisco la passeggiata e torno in albergo.

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Devo ancora decidere dove andare domani!

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4 pensieri su “Lungo la costa del Mar Nero

  1. bene! non ti smentisci mai….10 ore di guida..strade pericolose…e per finire dopo l intossicazione alimentare…ti nutri di..COZZE comprate per strada!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! : ))

    • Sì dai… almeno ci ho provato, quello é l’importante… ma non é stato facile 😉
      I km non li sto segnando… stanno diminuendo? meno male!! 🙂

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