Fino a Tokat, faticosamente

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La notte passa come quella a Kars: mi addormento intorno a mezzanotte, poi mi sveglio ogni due ore. Molto stancante. 
Ne approfitto che alla reception c’è il tipo che parla inglese, caso più unico che raro.

“Ho le tonsille ingrossate, mi serve un medico per farmi fare la ricetta per l’antibiotico”

Per tutta risposta, fa una faccia come a dire, so io cosa ci vuole per te, altro che medico e tira una scatola di caramelle per la gola alla vitamina C.

NooOOooo!! L’antibiotico mi serve, lo sto già prendendo.

Insiste ancora un paio di volte, poi con una faccia da “boh contento tu”, chiede a un ragazzo che lavora anche lui in albergo di accompagnarmi in farmacia.

Ok, tentiamo la farmacia anche se serve la ricetta.

E invece no, due parole di spiegazione è la farmacista tira fuori una scarola di… Augmentin! Proprio quello che mi serve!

Soddisfatto, faccio colazione e, dopo un paio d’ore di riposo, parto per Tokat, 150 km.

Mi sento abbastanza bene a livello di energie, anche se le tonsille sono gonfie come quando ho iniziato a prendere l’antibiotico.

La strada é facile e, a parte alcuni pezzi malmessi, scorre bene.

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La Turchia é piena di dighe! In generale stanno facendo un lavoro immane di ammodernamento delle strade, anche eccessivo, viste le distruzioni che ho visto in giro, ma a parte le strade, ho incrociate anche molte dighe e altre infrastrutture di grande portata.

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In più, stanno costruendo a ritmi elevatissimi, oltre che nelle periferie delle città e questo é ancora comprensibile, anche se mi chiedo chi ci andrà ad abitare, dato che vedo interi quartieri fantasma, ma costruiscono anche letteralmente in mezzo al nulla!
Con questa tecnica loro poi, che sarebbe di buttare palazzi in cima a colline pelate e brulle, come fossero mattoncini di un gioco. Una manciata di palazzi qui, una lì, senza strade, cortili, giardini, aiuole o altro: solo dei parallelepipedi buttati lì a casaccio.

Proseguo a guidare, i km sono pochi e me li godo.
Mi rendo conto che da quando sono partito, avrò ascoltato sì e no cinque minuti di musica. Questi la dice lunga del bisogno di silenzio che ho…

Arriva il bivio per Tokat, gli ultimi 40 km. A pochi km dalla città mi fermo per comprare della frutta, visto che mangiare cose solide é fonte di grande dolore ad ogni boccone.
Mi fermo contemporaneamente ad un macchinone da cui scende un signore alto, dall’aria distinta, avvolto in un lungo caftano bianco candido.
Tempo un minuto e scende anche la moglie, avvolta dalla testa ai piedi nel chador. Sembrano lo yin e lo yang!
Purtroppo non sono riuscito a fotografare bene come al solito, perché dal fruttivendolo non avevo motivo di tirare fuori la macchina fotografica e in 4 persone ero immediatamente riconoscibile. Però uno scatto sono riuscito a farlo comunque!

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Entro in città, trovo l’albergo è soffro a letto a far nulla dalle 15 alle 20, quando decido di andare a mangiare.

Mangio solo per sostentarmi, perché ogni boccone é un dolore atroce, sembra mi stringono forte la carotide.

Non so se domani mi fermerò ancora o proseguirò per Amasya che é a soli 100 km da qui. Pensavo fosse più carina Tokat, invece mi sembra solo una città cresciuta troppo in fretta e troppo occidentalizzata.

Quando torno in albergo, l’ultima sorpresa.
Come sempre, la persona alla reception non parla una parola di inglese.
Appena mi vede, mi dice che non ci sono stanze.
Faccio un’espressione tra il divertito e il killer che sta puntando la nuova vittima. 

Provo a spiegarmi nelle poche parole di turco che conosco che ho già la stanza, la 304, mi chiamo Fabio ecc e vorrei solo la chiave.
Niente, tutto esaurito, completo!

Anche lui si sta spazientendo alla terza richiesta da parte mia.
Chiama un collega, uno di quelli che c’era anche il pomeriggio. Mi riconoscerà, mi dico! Niente! Tutto completo, prova in un altro albergo.

Vedo che ha il PC acceso. Prima di mettergli le mani addosso provo un ultimo tentativo. Apro Google Translator e scrivo che sono ospite, ho la 304, mi chiamo così è cosà, ecc.

Niente, mi guarda con la faccia come se stessi cercando di convincerlo che fuori ci sono gli alieni parcheggiati in seconda fila, se mi da una mano a trovargli un parcheggio per la navicella spaziale.

Sto veramente perdendo la pazienza, quando vedo a fianco del computer le chiavi delle stanze.

Ovviamente (anzi, direi fortunatamente, visto il soggetto) c’è la 304.
La afferro e gli dico, in perfetto turco di Istanbul, “aho é mezz’ora che te sto a dì che c’ho la 304!!” e tralascio gli insulti a corredo con cui ho condito la mia esclamazione.
In tutta risposta, mi guarda facendo uno sguardo furbo e annuendo  a dire, ecco cosa volevi dirmi…

Buonanotte, genio della lampada!

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4 pensieri su “Fino a Tokat, faticosamente

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