La notte é agitata, poco riposante: fa molto caldo, sono ancora pieno di ouzo ed ho la schiena completamente ustionata dal sole che ho preso ieri.
Come se non bastasse, tra le sette e le sette e mezzo vengo svegliato da due belle scosse di terremoto che fanno scricchiolare la vecchia casa in cui mi trovo e tremare e tintinnare vetri e mobili.
Ma ho talmente tanto sonno che mi riaddormento subito dopo entrambe le scosse.
Andiamo a salutare i parenti di Costas che ci hanno ospitato e partiamo alla volta di Salonicco.
Andiamo alla torre che si trova nel centro storico.
Nei piccoli giardini proprio sotto il monumento sono accampati diversi senzatetto. Molti sono giovani, tutti mi sembrano greci. Probabilmente sono le vittime della crisi che sta attanagliando il Paese da alcuni anni.
Incontriamo alcuni colleghi di Costas molto simpatici, poi affrontiamo il caldo africano e la noia dell’autostrada.
Dalle parti di Kastoria ci salutiamo. A presto, Costas!!
Proseguo verso l’Albania, la strada sale per fortuna, la temperatura diventa più accettabile.
L’ingresso in Albania é veloce e senza problemi, il paesaggio rimane selvaggio, montuoso e verde fino al lago di Ohrid.
Lì, su una pessima strada che stanno rifacendo, incontro il gruppo di Dino. Contatto!
Trovo anche Dino, ci salutiamo e proseguiamo continuando ad incrociarci con il gruppo.
La parte di Albania che vedo é per alcuni versi migliorata: mi sembra più pulita, le auto in generale sono nuove e le case sono più curate.
Rimane il fatto che incrocio molti carretti trainati da cavalli scheletrici, asini, gente che trasporta l’impossibile in bicicletta, venditori ambulanti ai lati della strada.
C’è ancora tanto da fare per loro e, visto lo stato critico in cui versa attualmente l’Unione Europea, non credo sia una buona idea proseguire, almeno nell’immediato, il processo di adesione.
Nella prima città grande, mi fermo per chiedere informazioni su un cambia valute.
Mi risponde un signore in italiano stentato, ma comprensibile. In Albania l’italiano é molto diffuso. Un’ampia fetta di popolazione lavora, o ha lavorato, in Italia.
Proseguo verso Durazzo, su strade a volte buone, a volte pessime.
Anche oggi fronteggio un’auto contromano: mi trovo su un cavalcavia che disegna un curvone sulla sinistra: sto andando nella mia corsia quando, dietro un camion che viene dalla parte opposta, mi trovo un’auto completamente dalla mia parte. Un bel sorpasso in una curva per lui cieca.
Per fortuna sono in moto e riesco ad infilarmi nello spazio libero tra l’auto e il guardrail, mentre lo maledico con tutte le mie forze.
Il resto della strada prosegue senza grandi sorprese. A Durazzo vado in centro per mangiare un boccone, poi entro nel porto da un ingresso secondario senza traccia di traffico.
Dopo aver fatto il check-in ed essermi intrufolato fin sul molo, scopro che la nave, che la tipa della Adria mi aveva detto essere arrivata e pronta, é ancora in mezzo al mare. Ottimo.
Un tipo attacca bottone per sapere della nave che stiamo aspettando. É andato in Albania perché ha degli affari, costruisce porte.
Più correttamente, ci tiene a precisare, le costruisce in tutto il mondo: Cina ovviamente, Brasile, Bolivia, Albania e altri paesi europei, ma soprattutto extra europei.
Mentre mi descrive i vantaggi, i costi minori e tutto il resto mi lascio sfuggire un’esclamazione:
“Tutto questo ci si rivolterà contro…”
Si blocca nel descrivermi le meraviglie dei sistemi di produzione cinesi e mi dice che questa situazione non l’ha creata lui e l’Italia non sta a lui salvarla.
“Intanto mi sono salvato io…”, dice quasi tra sé e sé.
Ok, però continuo a pensare che va trovata una soluzione, altrimenti a fronte del vantaggio tattico momentaneo degli imprenditori che mantengono il loro margine, finiremo per perdere la battaglia strategica a lungo termine del “sistema – lavoro”, quando il Paese sarà completamente deindustrializzato, dipenderemo completamente da altri sistemi produttivi e, soprattutto, la gente, in larga parte disoccupata, non avrà più i soldi per comprare i beni prodotti all’estero.
Salgo sulla nave e trovo un bel posticino suggeritomi da un membro dell’equipaggio: “Sí, ma io non ti ho detto nulla, eh?!”, si raccomanda prima di indicarmi il punto preciso.
Mentre gonfio il materassino, questo letteralmente si apre sotto le mie mani, svuotando in un istante tutta l’aria che avevo pompato fino a quel momento.
Mi aspetta una notte dura, molto dura…
Avremmo dovuto partire alle 23, ma alle 3 e mezzo, quando vado a dormire, i veicoli (auto, camper, camion) e le persone a piedi stanno ancora salendo.
Non ho idea dell’ora a cui partiremo, ma ho ancora in testa le parole che mi ha detto la persona alla reception quando ho chiesto informazioni intorno a mezzanotte:
“Non so a che ora partiamo, da quando la nave si muove, conti 8 ore”
“Ma c’è il caso che poi recuperiamo qualcosa durante la navigazione?”
“Nooo… non si recupera mai, semmai si perde!”
Bene.
Strano che quel materassino “estremo” non sará della Ferrino vero?)ti abbia lasciato a terra. Scrivi una lamentela a chi l’ha prodotto!! 🙂
Buon rientro viaggiatore…e grazie per aver condiviso anche questo giro. A presto…spero.
ehm ehm … è un materassino da 5 euro comprato al supermercato tre o quattro anni fa … scriverò una vibrante protesta alla Cina tutta!