Immerso nella Natura

Mi sveglio presto, stavolta non solo per il fuso, ma anche per avere il tempo di tornare nella agenzia di ieri sera, per aggregarmi alla loro escursione nel caso qui ci siano dei problemi. 

Scendo e vado alla reception. Non c’è nessuno. 

Sento qualcuno lavorare dalle parti della cucina. É una ragazza che prepara le colazioni. 

“Scusa, non c’è nessuno alla reception?”

Vede che effettivamente é vuota e va a bussare alla porta proprio di fronte al bancone. Una, due volte. 
Da dentro rispondono, si parlano. 

La ragazza torna da me, veloce. 

“La reception apre alle sette e mezzo!”, esclama seccata indicando l’orologio. 
Lo guardo anch’io. Sono le sette e quaranta. 
Torno a guardarla stupito, ma é già svanita dentro la cucina. 

Dopo un po’ arriva il ragazzo, tutto ok, escursione confermata alle otto e mezzo con Washington, la guida. 

Alle otto e mezzo trovo due ragazze sedute fuori dalla posada. Iniziamo a parlare, sono di Santiago del Cile. Finalmente altre persone con cui rinfrescare il mio spagnolo!

Arriva un ragazzo in auto che fa cenno alle ragazze di salire. 

Con un sorriso gli chiedo: “Washington?”

“Tu sei in un altro gruppo, Washington sta arrivando”, risponde chiudendo la portiera e accendendo il motore. 

Il sorriso si spegne. 

Con mezz’ora di ritardo arriva Washington, sgommando a bordo di una piccola cross over, musica reggae a palla. 
A bordo ci sono I miei compagni per la giornata, due ragazzi inglesi. 

Washington canta a squarciagola aggiungendo degli Uuhh! Yeaaahh! qua e là per rafforzare il ritmo della musica. 

Ci fermiamo quasi subito davanti ad una casa, Washington scende. 
Appena chiude la portiera, il ragazzo al mio fianco dice a quello davanti :
“Abbassa questa merda, per favore!” e, sbuffando, mi rivolge uno sguardo di esasperazione.  

Washington é completamente calato nel personaggio del rapper americano figo che vive a mille. E va pure a mille… guida come un pazzo, sfreccia a 120, 140 all’ora sulle strette e trafficate strade della zona. 

Penso all’incredibile ironia della sorte che sarebbe, superare indenne le pericolose strade del Sud America e finire schiantato in auto con un epigono di LL Cool J. 

Per strada c’è un numero impressionante di camion. 

“Portano ricchezza”, spiega, “cacao, caffè…”. 

La prima sosta é in una caverna. Washington ci aspetta fuori. Indossiamo un elmetto, prendiamo una torcia e seguiamo la guida. 
L’interno é immerso nell’oscurità più profonda,  fa molto caldo. Camminiamo seguendo il fascio luminoso delle torce. 

“La temperatura é costante di 27 gradi e quando fuori fa freddo, qui si forma una specie di nebbia per via dell’acqua che evapora. Ecco perché si chiama grotta del fumo”. 

Dentro ci sono delle belle formazioni carsiche candide. Vediamo anche un pipistrello appeso sulla punta di una stalattite. 

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L’ultima parte é molto bassa, camminiamo curvi finché non arriviamo nell’ultima sala, molto piccola tanto da non poter stare in piedi. 

“Qui di solito facciamo un minuto di silenzio, al buio”. 

Per un minuto viviamo come I pipistrelli in grotta: nel buio e nel silenzio più assoluti. Apri e chiudi gli occhi ed é lo stesso. 
Se le torce non si accendessero più, non credo che riusciremmo a ritrovare l’uscita. 

 Riprendiamo la macchina, seconda tappa una piccola laguna azzurra dai bei riflessi. 

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Faccio il bagno, l’acqua non é molto fredda. É pieno di piccoli pesci che mi danno piccoli morsi sulle gambe e sui piedi. 
Sembra che gli piaccio. 

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[NdA : questo bel pappagallino era quasi invisibile, mimetizzato com’era tra le foglie]

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[NdA : lumaca volante… Il guscio galleggiava nell’acqua cristallina]

Dopo un’oretta tra bagno e relax, ripartiamo, stavolta per la grotta azzurra.

É in fondo ad una lunga scalinata, molto nascosta. Pare che il sole riesca ad arrivare fino quaggiù solo in aprile, creando dei riflessi meravigliosi. 

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[NdA : il mitico Washington]

Dopo una lunga corsa in auto su varie piste sterrate completamente sconnesse che Washington prende come se fosse una pista, arriviamo alla meta successiva, il morro do Pai Inácio.

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É una bassa montagna dalla cima piatta. Ci arrampichiamo fino in vetta. La vista spazia tutto intorno, senza ostacoli. 
É spettacolare.

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La vegetazione semplice di cactus e fiori, piccoli specchi d’acqua che sembrano riempire vulcani ormai spenti, la vista di antiche formazioni rocciose, il vento teso e costante. 

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Ho una forte sensazione di origine del mondo, quando l’uomo non era ancora presente. 

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Torniamo a valle ed andiamo nell’ultimo posto previsto nella escursione, due cascate con pausa pranzo nel ristorante alla base della prima. 

L’acqua é scura come quella del Rio Negro in Amazzonia. 

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“Sì ma é pulita e buona”, mi garantiscono I ragazzi inglesi che l’hanno provata nei giorni scorsi, durante una escursione. 

Ci facciamo il bagno, divertendoci a saltare da una roccia. Insieme a noi, una scolaresca di ragazzi e ragazze. É bellissimo vedere come in Brasile ci sia un mix di colori pressoché completo: dal bianco, biondo, occhi azzurri al nero africano!

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Dopo pranzo raggiungiamo a piedi la seconda cascata, che vediamo dall’alto. La stanchezza si fa sentire! 

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La giornata é finita, torniamo in paese. Ovviamente, a tutta velocità e a tutto volume. 

Vago con gli occhi sulle colline coperte di alberi, grazie alla protezione del parco nazionale della Chapada Diamantina. Ripenso alla desolazione di diverse zone attraversate fino ad oggi. 

“Washington, qui in Brasile avere in mano il destino del mondo, ve ne rendete conto??”, esclamo ad un certo punto, toccandolo su un braccio per sottolineare il concetto. 
Prosegue a cantare senza nemmeno rispondermi.  

Rifletto che si continua a parlare di riduzione della CO2, l’anidride carbonica, ma se contestualmente non viene fermata anche la deforestazione selvaggia, é tutto inutile. 
E di quest’ultimo punto, nessuno ne parla né ce l’ha in agenda. 

Chiudo la giornata con una passeggiata nel centro di Lençois. É molto carina, con diversi edifici antichi, colorati, le vie acciottolate. 

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E per domani, tappa a sorpresa!

Se arrivo in tempo a Camamu a prendere l’ultima barca delle 17, vado a Barra Grande a trovare il mio amico Gabriele. 

Altrimenti proseguo più a sud, a Itacaré o fin dove riesco ad arrivare.

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