Oggi è l’anniversario di Uyuni, il 124mo dalla fondazione. Da quello che sono riuscito a capire parlando con alcune persone, è prevista una sfilata in costumi tradizionali e poi vari festeggiamenti.
Mi vedo con David e Marie a colazione ed usciamo insieme, carichi di aspettative. Le strade principali sono occupate da bancarelle e persone che vendono di tutto per la casa, abbigliamento, erbe e spezie, cibi e bevande e così via, ma anche giochi come il tiro a segno, una specie di roulette, carte e altro, come ad una fiera.
Quasi tutti, le donne in particolare, sono vestite a festa e sfoggiano scarpe lucide, calze di lana, gonne con i lustrini, scialle dai colori cangianti, pettinature con le trecce, chiuse da decorazioni elaborate e l’immancabile cappello, che può essere una semplice bombetta o un cappello a tesa larga con fiocchi, fiori e colori. Questo le persone più agiate. Le altre, meno appariscenti o meno nuovi i vestiti, ma sempre a festa. Il tutto, intendo ciascun capo, molto colorato. L’insieme è estremamente esotico al mio occhio, nel senso di diverso dalla nostra cultura e senso estetico.
Trovandomi da solo in mezzo a tanta gente, non posso prendere come scusa di fare le foto ad un’altra persona, per “rubare” scatti alle persone del luogo, quindi finisco per girare con la macchina fotografica costantemente in mano, accesa, all’altezza della pancia, scattando foto “alla cieca”. Più o meno so dove e come scatta, però quasi tutte le foto sono decentrate o con una luce non perfetta.
In alcuni casi, comunque, ho chiesto il permesso oppure in altri erano talmente lontani da non accorgersi che li stavo fotografando.
La famosa sfilata in realtà si è svolta in diverse fasi: prima una piccola parata militare, a ricordare la natura principale di Uyuni, di base militare. Non sono molto marziali, ma se la cavano.
Poi è il turno dei discorsi di vari politici e rappresentanti locali.
E infine una sequenza letteralmente infinita di gruppi che sfilano tra la folla, gruppi come l’associazione dei minatori della miniera XYZ, la lega degli operai della regione di …, la rappresentanza del sindacato dei contadini … e così via.
Ciascun gruppo sfila con le proprie insegne, mentre la banda militare continua ad eseguire lo stesso accompagnamento per ore e i gruppi si susseguono l’uno dietro l’altro, ininterrottamente. Nonostante Che Guevara sia stato ucciso proprio in Bolivia, va ancora per la maggiore nelle associazioni politiche.
Io mollo il colpo due o tre volte, andando a fare dei giri nelle altre strade e poi tornando al punto di partenza, mentre David e Marie sono più tenaci, sperano nel colpo di scena. Che non arriva.
Alla fine non dico di essere pentito di essere rimasto, perchè comunque l’aver visto le persone locali vestite a festa è stata un’occasione probabilmente unica, però se l’avessi persa per avvicinarmi a La Paz, ad esempio, non mi sarei strappato i capelli (anche perchè, coi pochi che mi rimangono, tocca scegliere con cura le occasioni per cui strapparseli!)
Dopo un paio d’ore così, anche David e Marie decidono di lasciare al loro destino le altre decine (centinaia??) di gruppi rimanenti, per andare a bere qualcosa. Al sole fa caldo, ma all’ombra fa freddo e stamattina, uscendo alle 10, nei punti d’ombra c’era il ghiaccio.
Andiamo nella plaza de Armas, sedendoci su una panchina. Giusto a fianco a me si siede una donna con un grande fagotto di mille colori sulla schiena, come se ne vedono a decine tutto intorno.
Inizia a svolgerlo, un vero bozzolo fatto di molti strati di coperte e teli, finchè non compare un neonato minuscolo, ha due mesi. Gli fa prendere un po’ d’aria e di luce, poi lo riavvolge completamente, senza far uscire nemmeno la testa o il naso, se lo rimette sulla schiena e se ne va.
Torniamo in albergo, ci salutiamo. Io vado in camera a riposarmi, senza riuscirci. Decido di provare ad andare a vedere il cimitero dei treni e a lavare la moto da tutto il sale rimediato ieri.
Seguo i binari, come mi dice il ragazzo alla reception, finchè non esco dal centro abitato in mezzo a parecchia spazzatura volante ed all’orizzonte vedo una serie di vagoni e altre attrezzature ferroviarie arrugginite. La pista non sembra arrivarci, ma non mi impegno più di tanto a cercarne una. Mi pare un posto lugubre e ormai non sono più attratto particolarmente dalla decadenza o dai vari fallimenti umani. Una volta sicuramente ci sarei andato volentieri, ma adesso no.
Vado a caccia del lavaggio moto, ma ovviamente essendo festa cittadina è chiuso. Lo stesso dei benzinai e dei gommisti per controllare la pressione delle gomme. Torno in albergo e incontro nuovamente David e Marie che erano andati a fare un altro giro tra le bancarelle.
Hanno comprato una coperta per proteggere il motore durante le gelate notturne. Mi presta il suo compressore e riduco la pressione delle gomme ai valori consigliati da Mamma Honda, 22 all’anteriore e 29 al posteriore.
Passo il resto del pomeriggio ad organizzare l’arrivo a La Paz, cercando un albergo e il meccanico Honda per il secondo tagliando dei 4mila km e a rifare i bagagli, come al solito letteralmente esplosi
Vado a cena con David e Marie, ormai mi sono “accozzato” a loro, e mangio un hamburger colossale, che mi stronca.
Tornato in albergo, finisco i bagagli, chiedendomi dove mai arriverò domani, visto che La Paz è troppo lontana, ma Potosì è troppo vicina. Forse Oruro, ma non mi attira molto. Magari un hostal lungo la strada, senza complicazioni di entrare e uscire da una città.
Chissà.
Farò fare, come al solito, al Fato.
Non ti preoccupare, siamo ancora tutti qui a seguirti…è che qualsiasi commento sarebbe insignificante…Suerte!
Scrivi scrivi, non essere timido 😉
Caro Nelik vorrei letteralmente mangiarmi tutti i colori dei tuoi racconti! Fare una bella scorpacciata di energia, vitalità e fiesta….
Buon cammino……..
Qui impazziresti di gioia, ci sono tanti di quegli stimoli … 🙂
ti rinnovo i miei complimenti non tanto per il viaggio, che quello si fa da se se hai lo spirito giusto (e tu ce l’hai alla grande), quanto per la costanza negli aggiornamenti al mondo e la qualità della narrazione. Questo blog sta diventando un piccolo cult ….
Grazie mille!! 🙂
E con gli ultimi due post mi sono rimesso a pari, vado a esplorare La Pazza Paz!
Carissimo,
le foto sono molto interessanti, fai bene a scattarle “dalla pancia”. E non perdere i tuoi racconti, un giorno saranno pubblicati 🙂
Un caro saluto da Antonio!
Sì e l’unico modo per poterle scattare in pace … Proprio poco fa ne ho avuto la riprova, ho scattato una foto ad una bancarella di arance e appena la ragazza che la teneva se n’è accorta, s’è arrabbiata 😦
Contraccambio a Antonio!! 🙂