Oggi riposo … per modo di dire, perché la sveglia è alle 7, destinazione islas Ballestas!
Perché si parte così presto? Non so, visto anche che a quell’ora il cielo è coperto da una pesante coltre di nubi e cade un pioggerellina finissima, impalpabile.
“E’ la nebbia del mare!”, mi spiega il gestore dell’ostello dove alloggio.
Bel clima, mi dico! Ma dimentico sempre che siamo in inverno …
Il gruppo è nutrito e quando arriviamo al porticciolo di Paracas, scopro che siamo in numerosa compagnia: ci sono almeno altri 3 gruppi di una trentina di persone, ognuno diretto ad un motoscafo. Partiamo tutti insieme. Forse è per una ragione di sicurezza, se a uno succede qualcosa, ci sono altre imbarcazioni pronte a soccorrerle, ma secondo me sarebbe meglio distanziarle un minimo e far fare (l’eventuale) lavoro di sicurezza in mare ad una Guardia Costiera.
Fatto sta che tutti i motoscafi si avviano più o meno all’unisono, prima tappa, il Candelabro. É una figura creata sul terreno (tecnicamente si chiama geoglifo) come le linee di Nasca, ma mentre queste ultime sono state studiate in tutti i modi, questo invece no, per cui non si nemmeno se è coevo o di altra epoca rispetto alle linee.
E’ impressionante e incredibile vedere queste figure enormi, pensare alle persone che le hanno ideate e create e, naturalmente, viene da chiedersi … perché? Cosa volevano fare, comunicare?
La guida ci dice che nonostante sia fatta praticamente nella sabbia, ha resistito nei millenni perché qui non piove mai e il vento arriva sempre da terra.
La prua punta nuovamente in mare aperto e andiamo alle isole Ballestas.
In pratica sono due scogli disabitati, nel senso che sono piuttosto piccole e letteralmente coperte di uccelli: cormorani di diverse varietà, pinguini di Humboldt e molti altri volatili che non conosco; in più, ci sono i leoni marini. Che passano il tempo, con tutto lo spazio che c’è, a starsi uno addosso all’altro e a cercare di mordersi. Forti!
Giriamo intorno alle isolette raggiunti dalla fragranza del guano che si raccoglie a tonnellate quando, passando sotto un arco, sento come uno spruzzo d’acqua addosso.
Penso ad un’onda, poi però mi dico che sono al centro della barca e siamo quasi fermi, ma soprattutto mi guardo … sono stato centrato da un simpatico volatile! Ho schizzi molto acquosi e biancastri sul cappello ma soprattutto sulla giacca e un minimo sulla macchina fotografica.
Sulla giacca il guano va ad aggiungersi a:
– smog e polvere di migliaia di km
– una parte di una melassa appiccicosa che era un integratore comprato a Roma prima di partire e poi
– un abbondante bicchiere di Inca Kola che mi sono rovesciato addosso ieri all’aeroporto di Nasca.
Un bel mix saporito!
Torniamo al porto e gli animali ci regalano un ultimo spettacolo: prima un leone marino insegue la barca, esibendosi in acrobazie di salti fuori dall’acqua e immersioni e poi diversi stormi di cormorani e di gabbiani ci seguono a breve distanza, volando velocissimi a pochi cm dall’acqua, alzandosi ed abbassandosi in sincrono sulle onde, una vera danza.
Dietro al porto faccio colazione con succo di frutta fresca e una fetta di torta, poi vado a riposarmi in ostello.
Nel pomeriggio passeggio sulla spiaggia, praticamente deserta a parte qualche turista, osservando ancora un po’ di uccelli e meduse enormi arenate sulla sabbia, poi proseguo il riposo in ostello, approfittandone di un wifi finalmente decente.
Esco per cena, ma prima devo comprare qualcosa per il mal di testa. Le mie medicine sono talmente sepolte nella sacca a cilindro che non mi va di prenderle! Chiedo informazioni ad un signore che gentilmente mi accompagna mentre scambiamo quattro chiacchiere.
In farmacia:
“Vorrei qualcosa per il mal di testa, per favore”
“Mal di testa forte?”
“Sì, molto forte …”
“Ok, quante ne vuoi?”
“Prego?”
“Le pastiglie …”, mi dice, prendendo in mano un paio di forbici e una confezione di compresse. Al che capisco e rispondo:
“Una … anzi no, due, non si sa mai”
In molti paesi esteri si trova questa abitudine di darti le compresse che desideri, non per forza tutta la scatola. Magari lo facessero anche in Italia! Mi ricorda una scena epica di “Un giorno di ordinaria follia” 😉
Invece periodicamente mi ritrovo a svuotare i cassetti e buttare molti medicinali (con spreco di soldi, inquinamento, ecc) per via di confezioni irragionevolmente grandi.
Ho deciso di dedicare la serata allo studio dello spagnolo. Non mi porto nulla, né telefono, né cartine o altre distrazioni: solo il dizionario spagnolo con la grammatica in appendice.
Mi siedo nel ristorante fronte mare, faccio in tempo ad aprire il dizionario, quando al tavolo a fianco si siede una coppia con cui avevo scambiato due chiacchiere stamattina sulla barca in gita alle Ballestas. Mi invitano al tavolo, addio spagnolo perché sono inglesi e iniziamo a parlare ovviamente nella loro lingua, che per me è immensamente più facile, però non mi aiuta nel mio obiettivo spagnoleggiante.
Lui si chiama Sanjay, è nato a Londra, ma i suoi sono delle Mauritius:
“Ah, Sanjay, un nome indiano!”
“Sì, per via dei miei genitori …”
E lei: “Ah sì, Sanjay è un nome indiano??”
E meno male che stanno insieme …
E domani … Lima!! La terza (e ultima!) capitale sud americana in un mese che sono in viaggio 🙂