Oltre l’Equatore, fino a …

Il piano di oggi prevede di andare a Otavalo. Ma nella notte mi chiedo cosa vado a farci: è comunque lontano dalla Colombia e l’unica attrattiva è il mercato del sabato. E oggi è martedì.

Meglio sarebbe, a questo punto, andare direttamente in Colombia. Sulla cartina vedo che c’è una cittadina, Ipiales, proprio attaccata al confine. Se mi fanno entrare, dormo lì. Se non mi fanno entrare, torno indietro fino a Tulcan, anche questa molto vicina al confine, lato Ecuador. In qualsiasi caso, dovrei trovare da dormire facilmente.

E via allora, verso la Colombia! O almeno ci provo, come sempre.

Ha piovuto tutta notte e alle 6:30, quando mi sveglio, ancora piove. Per fortuna, per le 8 quando parto, ha smesso. Il paesaggio, però, è ancora immerso nelle nubi, a dare un tocco mistico e misterioso alle montagne.

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Stavolta la strada è tutta una salita praticamente ininterrotta fino alla Panamericana. Il freddo diventa via via più intenso, poi prima di Quito, la strada si impenna non so fino a quanti metri, sicuramente più di 3000. Mani e piedi sono doloranti e il resto del corpo è alla soglia della temperatura minima di comfort. Come già è accaduto nei giorni scorsi, vengo inghiottito dalle nuvole, bassissime. Mi ritrovo nella nebbia, con pioggerellina costante e freddo intenso.
Poi per fortuna la strada scende e recupero tutto: visibilità e un po’ di calore.

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Cerco di circumnavigare Quito, ma i cartelli sono del tutto assenti e quindi ci finisco dentro, perdendo una mezz’ora buona, forse anche di più.

A nord di Quito c’è un posto chiamato Metà del Mondo e segna il punto in cui passa l’equatore. Però non vedo il cartello o banalmente non c’è. Me ne accorgo che ormai sono parecchio distante, non ho voglia di tornare indietro e aggiungere altri km alla già lunga giornata. Spero in una qualche monumento o targa sulla Panamericana, la principale strada dell’Ecuador, ma nulla. Peccato, sarebbe stato un bel ricordo, il passaggio dell’equatore!

I km passano e, come sempre, supero decine di montagne, più o meno alte. Nelle discese sfreccio fino a 80/90 km/h; sulle salite, dipende dall’inclinazione, posso andare sui 50, ma anche a velocità inferiori, fino a 20 km/h nelle salite più ripide. Certo che un ponte o un tunnel ogni tanto, potrebbero farlo!

La vegetazione passa in poche ore da quella tropicale di Baños, a quella alpina di Quito e dintorni, alla semi-arida della parte più a nord, verso il confine con la Colombia, dove si possono vedere colline coperte del giallo del grano tagliato. Per finire con paesaggio collinare che ricorda le regioni dell’Italia Centrale.

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Prima di arrivare a Tulcan, attraverso alcuni piccoli paesi, dove la maggioranza della popolazione è nera. Sembra una piccola enclave, perchè tra loro non vedo altri tratti, né indio né meticci né caucasici.

A Tulcan, ultima cittadina dell’Ecuador di una certa dimensione, situata a 10 km dal confine, decido di fare il pieno, visto che qui la benzina costa molto meno che in Colombia, Il benzinaio, però, sotto l’occhio vigile di un militare a pochi passi da lui, mi avvisa che per legge non può farmi più di 3 dollari di benzina, questo perchè dalla Colombia arrivavano frotte di persone per fare il pieno.

Arrivo finalmente al ponte internazionale di confine. E’ molto diverso dai precedenti confini: c’è un gran caos di camion in attesa di controllo, venditori ambulanti, cambia valute abusivi. Tutti uno sull’altro.

Passo davanti al militare che sta controllando l’uscita dall’Ecuador e mi dice di proseguire. Gli chiedo dove devo far controllare il passaporto, e quello come risposta, mi indica un edificio grande, in metallo e muratura.

Arrivo fin là, entro scansando 3 cambiavalute abusivi e scopro che questo è il controllo passaporti …. della Colombia!

Torno indietro abbastanza innervosito. Nell’ufficio del controllo passaporti c’è una fila incredibile, alla fine impiego 45 minuti.

Controllo della moto, con l’impiegato che esce dall’ufficio e la fotografa da tutte le parti con una compatta digitale.

Posso andare, ciao Ecuador!

Torno al controllo passaporti della Colombia. Incredibile il contrasto tra l’Ecuador che ha una fila di decine di persone, penso per entrare, mentre gli uffici della Colombia sono desolatamente vuoti.

Il controllo passaporti è veloce, ora tocca alla moto. Altro esame!

Vengo accolto da un impiegato che mi elenca le fotocopie che devo fare e di quali documenti. Le faccio in un ufficio dall’altro lato della strada (sempre con frotte di persone a chiedermi se voglio cambiare dollari in pesos colombiani) e per sicurezza fotocopio anche la dichiarazione di Nicola, anche se l’impiegato non me l’ha elencata, sicuramente perchè pensa che la moto sia intestata a me.
Compro anche una bottiglia d’acqua. E’ la prima cosa che bevo da stamattina, mentre è da ieri sera che non mangio. Come cantavano i Massimo Volume in Atto Definitivo, Ho cominciato una specie di Ramadan involontario”.

Torno nell’ufficio, l’impiegato senza alzare la testa mi dice di sedermi su una sedia verso il fondo dell’ufficio. Accetto volentieri e i minuti iniziano a passare. Dopo una ventina di minuti vado a chiedere chi stiamo aspettando:

“La persona che deve controllarti la moto!”

“Ah! E dov’è?”

“Fuori”

Capisco che non vuole parlare o spiegarmi di più e vado a rimettermi seduto.
Passano altri 20 minuti, fuori ormai è diventato buio e della persona che deve controllarmi la moto, ancora nessuna traccia.

Finalmente l’impiegato si decide a controllarmi almeno i documenti. La moto poi la controllerà chi vogliono loro.

Prende tutto, fotocopie e originali e inizia a leggerli e riempire un modulo sul computer. Pare non si stia accorgendo che è intestata a Nicola e non a me. Mi chiede anno, colore, modello, telaio, ecc ma nemmeno una parola sul proprietario.

Visto come si stanno mettendo le cose, sfilo con noncuranza la fotocopia della dichiarazione e la appoggio vicino agli originali dei documenti.

Riempie tutto, mi restituisce gli originali e … si accorge del foglio:

“Questo cos’è?”

Mi prenderei a schiaffi, avevo intuito che non si stava accorgendo del proprietario, ho tolto bene la fotocopia, ho nascosto bene l’originale … e gli ho lasciato la fotocopia sotto al naso?!?

“E’ l’autorizzazione a portare la moto nei Paesi del Sud America”

Apre velocemente il libretto della moto, con lo sguardo allarmato. Rilegge il libretto, legge attentamente la dichiarazione, mentre penso che adesso sono fritto e iniziano i problemi.

Invece la ripiega e me la restituisce con uno sguardo del tipo “e chi se ne frega?”

Stampa il modulo che aveva riempito al computer, senza cambiare una virgola. Lo firmo e mi congeda:

“Buon viaggio e benvenuto!” e anche la collega accanto a lui, mi dà il benvenuto.

Sono in Colombia!!! Sono troppo contento, ancora non riesco a crederci.

Ormai si è fatto buio, ma per fortuna sono a 2 km dalla città. Entro e chiedo informazioni, tutti mi sembrano incredibilmente gentili e disponibili.

Trovo l’albergo con tanto di ristorante, dove ceno perchè sono stanco morto e non ho intenzione di cercare altro e prelevo un po’ di pesos ad un bancomat.

Adesso devo studiare un giro da fare in Colombia con i giorni che ho a disposizione!

– – – – –

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7 pensieri su “Oltre l’Equatore, fino a …

      • Sono ancora in tempo per tornare indietro, posso andare dal tipo per fargli notare che la dichiarazione non é autenticata e ciò é contro la legge e questo mi sta causando dei sensi di colpa intollerabili!

  1. Sei troppo il numero uno!
    Cmq, al contrario, è successa la stessa cosa anche a me. Cercavo la frontiera, l’ho passata, poi chiedo a un passante per sapere dov’era la dogana Colombiana e lui stupefatto mi disse “Ehm… ma qui siamo in Equador!”. Così, da perfetto clandestino sono tornato indietro e ho fatto tutto ;¬)
    Ipiales mi pare che ci sia quel duomo fra le due montagne, un salto fallo, e buona Colombia!

  2. Uff! speravo di leggere qualche scenggiata, tipo “devo portare la moto dal medico” o torno di corsa in Italia per sposarmi… ma niente! uff 😀
    Grande lo stesso. Questo viaggio lo sto facendo insieme a te.
    Riguardo al punto 0° 0′ 0″ eccolo: http://www.panoramio.com/photo/3886511 bello infrattato!
    E vai in Colombiaaaaaaaaa

    • Ah quindi c’era il cartello, bello grande e visibile! 😉

      Vabbè, non sarebbe stata neanche una gran foto, quello carino era il monumento alla Metà del Mondo (anche se non l’ho visto, ne ho solo letto, ora lo cerco)

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