Oggi faccio colazione nella mensa della nave. Le mie scorte per il mattino sono sufficienti per una sola colazione e se domani arriviamo presto, preferisco usarle in quel momento, in modo da scendere il prima possibile dalla nave.
Nella mensa incontro i due australiani e poco dopo arrivano i belgi. Tutti abbiamo la mente rivolta a Belem. La navigazione è bella, il paesaggio vario, abbiamo fatto diverse conoscenze, ma dopo tre giorni tutti desideriamo scendere a terra.
Sulla nave, villaggio in miniatura, non poteva mancare il pazzerello. Il nostro è un uomo di circa 40 anni, magrissimo, che parla da solo in continuazione e che prova ad attaccare bottone con tutti, senza ricevere attenzione. In linea di massima mi piacciono queste persone perché spesso dicono cose non banali, però questo è piuttosto molesto e soprattutto non capisco una parola di quello che borbotta per cui di solito lo evito senza farmi problemi.
Durante la colazione uno dei passeggeri che dorme nelle amache ci racconta che ieri notte il pazzerello pare abbia provato a buttare nell’acqua uno dei bambini che scorazzano sulla nave e che quindi sia stato legato ad una ringhiera del traghetto. Stamattina è in giro come se niente fosse, parlando da solo come sempre.
Verso metà mattinata raggiungiamo una zona del fiume dove si vedono delle case, per lo più baracche, sparse sulle sponde. Non un vero villaggio, solo case a dividersi la terra. Di fronte, molte barchette e canoe con, prevalentemente, donne e bambini. I bambini agitano le braccia tutti nella stessa maniera: braccia leggermente piegate che alzano e abbassano molto velocemente mentre lanciano delle brevi grida.
Dalla nave qualcuno lancia in direzione delle canoe dei sacchetti con dentro dei viveri. Gli australiani mi dicono che in albergo a Manaus li avevano avvisati di portare cioccolata, caramelle ed altri cibi da dare in questa zona molto povera.
Oggi siamo oggetto di frequenti abbordaggi: piccole imbarcazioni, a volte a motore, a volte solo a remi, si avvicinano alla nave, vengono legate agli pneumatici sulle fiancate e i bambini e i ragazzi salgono velocemente a bordo. A volte a vendere qualcosa, molto più spesso semplicemente a chiedere soldi. Dopo un po’, si slegano e tornano alle loro abitazioni.
Le capanne e le case sulle rive spesso sfoggiano delle parabole satellitari, alimentate molto probabilmente con dei generatori visto che di corrente elettrica non c’è traccia.
Verso metà giornata inizio a peggiorare con il raffreddore: l’aria condizionata della cabina e le docce senza asciugarmi i capelli hanno fatto effetto. Rimedio un paio di pastiglie per l’influenza e torno in cabina, uscendo solo per scattare qualche fotografia e prendere un po’ d’aria. Ecco cosa poteva ancora accadere prima dell’incontro con Caterina: ammalarmi!!
Il tramonto arriva mentre siamo fermi nell’ennesima cittadina. Anche oggi, l’oscurità è squarciata da frequenti lampi, chissà se ci sarà tempesta stanotte.
Il quarto giorno ormai è passato, non resta che sperare di arrivare presto domani mattina per avvicinarmi il più possibile a São Luis!
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