Sulla nave per Belem, senza telefono (giorno 2)

E’ un classico: se la sera prima vado a letto presto, poi mi sveglio nel cuore della notte.

Sono le 3 quando apro gli occhi. Accendo la luce della cabina e trovo il telefono che nuota in due dita d’acqua. Non ho capito se arriva dal condizionatore o da qualche altra parte.
Ieri avevo visto che gocciolava e non gli avevo dato importanza, comunque sia ora ho un problema. Con Caterina non ci siamo messi d’accordo sull’albergo in cui incontrarci a Sao Louis né sull’orario o se devo andare a prenderla all’aeroporto. E adesso che sono senza telefono, le cose si complicano.

Lo smonto per il poco che si riesce e lo asciugo. Tiro fuori la bustina di sale anti-umidità che è in fondo alla borsa da serbatoio e lo appoggio sopra.
Non provo ad accenderlo perché so che è peggio, bisogna prima farlo asciugare alla perfezione.

Mi rimetto a letto, ma ormai il sonno è andato! Alla fine comunque mi riaddormento.

Mi risveglio poco prima delle 6, con la nave scossa dalle onde e il frastuono di un temporale tropicale, con tanto di tuoni che sembrano circondare la nave da tanto sono vicini e potenti. La pioggia entra dalle fessure della porta.
Mi affaccio dalla cabina e vedo che hanno tirato giù i tendoni, ma l’acqua è ovunque, anche perché tira un vento molto forte. Ringrazio una volta di più di aver preso la cabina invece dell’amaca.
L’orizzonte si perde nella nebbia creata dalla pioggia che cade. Torno in stanza e mi rimetto a letto.

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La terza sveglia è alle 8. Stavolta è abbastanza tardi per fare rumore: accendo l’asciugacapelli che per fortuna ho portato in cabina e lo punto sul telefono per almeno due ore. Vedo la condensa che si forma poi lentamente sparisce.

A metà mattina provo ad accenderlo. Nulla, però sullo schermo compare il simbolo della batteria con una croce rossa sopra. Forse è solo la batteria, speriamo!
Rimango a poltrire e a scrivere in cabina, poi vado a pranzo.
Mentre mangio, attracchiamo in una cittadina che sembra carina, con una piccola chiesa e le case abbastanza curate.

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Incontro i due francesi che vivono in Belgio, gli racconto la disavventura e mi propongono di usare il loro telefono, visto che la SIM non si dovrebbe essere rovinata con l’acqua.
Invio un messaggio a Caterina chiedendole di mandarmi le indicazioni e l’orario, poi poltrisco di nuovo in cabina.

A metà pomeriggio ci fermiamo in un’altra città.

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Il molo è affollato di venditori che propongono in gran parte cibo.

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Il fiume è immenso, continua a stupirmi la sua vastità.

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E’ solcato da ogni tipo di imbarcazione: dal mercantile carico di container, alla nave passeggeri, all’aliscafo, alle tante, minuscole barche di pescatori che restano sottocosta.

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Torno in stanza, deciso a non cenare per smaltire i biscotti che ho mangiato nel pomeggio.

Verso le 19 attracchiamo a Obidos. Piove e in breve si trasforma in un nubifragio, con un vento fortissimo.
E’ incredibile la quantità d’acqua rovesciata dal cielo! Questo lampeggia in continuazione lungo tutto l’orizzonte, siamo sovrastati dalle nubi. Solo lampi che si susseguono veloci, senza tuoni, tranne qualche raro rombo che rotola sopra le nostre teste e si perde lontano.
Improvvisamente un lampo cade vicinissimo alla nave, in un’esplosione incredibilmente forte che fa sobbalzare metà dei passeggeri. Peccato non aver visto il punto in cui è caduto.

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E il secondo giorno di navigazione è passato, ne mancano tre!

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2 pensieri su “Sulla nave per Belem, senza telefono (giorno 2)

  1. Smaltire i biscotti? Già mangi poco e sembri dimagrito! Ti stavi preparando all’incontro con Cate 😛

    • I biscotti erano tanti! 😉

      Dovrei aver tolto 8 kg … L’ultima volta mi sono pesato nell’ufficio Herbalife di Ricardo a San Carlos, in Venezuela 😉

      Sto aiutando la Pollita altrochè … Ancora mi chiedo come faremo ad andarci in due!!! 😉

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