Lenzuola brasiliane

La sveglia arriva con delle martellate tipiche del muratore che sta spaccando un muro. Esattamente dietro la nostra testa, alle 7:30.

Caterina si affaccia dal balconcino borbottando qualcosa che fa smettere all’istante il tipo. Continuiamo a pensare che ci sia una macumba, una cattiva sorte che ci perseguiti: le nostre malattie, l’aereo e la nave perse più tutta una serie di fastidi che stiamo avendo.

La colazione è ricca, il mio ideale: torta di ananas, succhi di frutta tropicale e frutta fresca (ananas, anguria, melone e papaya). E un po’ di caffè amaro.

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Alle 9:30 in punto si presenta un incrocio tra un furgone aperto e un fuoristrada: in pratica l’auto è una potente jeep 4×4 che dietro ha montato tre serie di sedili sopraelevati, coperti da un tettuccio.
Con questo andremo a vedere alcune lagune nel parco delle Lençois, le lenzuola per via delle dune candide che si stendono fino al mare.

Andiamo fino al porticciolo di Barreirinhas, dove una piccola chiatta fa la spola tra una sponda e l’altra portando persone, auto, moto e furgoni. E’ senza motore, viene spinta da una piccola barca in legno, che la spinge quasi come un cane pastore farebbe con una pecora indisciplinata.

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Al di là del fiume, il paesaggio cambia immediatamente: la vegetazione più desertica e sabbia ovunque, profonda. Il villaggio è costruito sulla sabbia e le strade ricordano i canali di Venezia, solo che qui si naviga, invece che sull’acqua, sulla sabbia.
Sorrido pensando a tutti quei viaggiatori e turisti “avventurosi” che imprecano quando una strada in qualche paese remoto viene asfaltata, maledicendo il progresso che rende accessibili tutti i posti unici, rovinandoli. Forse dovrebbero passare qualche mese in un paesino del genere, dove anche andare dall’altro capo dell’abitato è complicato e la sabbia invade tutto.

Usciti dal paesino, ci infiliamo in un sentiero largo appena quanto l’auto, iniziando una serie di scosse, salti e scuotimenti che nulla hanno da invidiare ai luna park più riusciti.

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Dopo una mezz’ora di salti da canguro, arriviamo alla base di un’alta duna candida. Alle spalle vediamo stendersi la prima laguna azzurra. Meravigliosa! Le dune candide si inseguono fino all’orizzonte e spesso, nella cavità tra una duna e la successiva, si trova una laguna, più o meno grande a seconda delle dune che la racchiudono.
Il luogo è magico, si passa in pochi metri da una bassa vegetazione di tipo mediterraneo ad una distesa di dune che proseguono per chilometri, fino al mare.

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(con sabbia sollevata dal forte vento)

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La guida ci porta a vedere quattro o cinque lagune, in due faccio anche il bagno, non resisto ad immergermi nelle acque azzurre circondate dalla sabbia candida come neve!

Dopo qualche ora facciamo la strada o meglio, la pista inversa: fino al traghetto, poi dall’altra parte del fiume.

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Torniamo in albergo. Anche se stamattina abbiamo trovato una posada alternativa, chiediamo di poter stare in piscina fino alle 16, quando verranno a prenderci per il volo aereo sopra le dune delle Lençois.

Riposiamo sulle amache all’ombra di alti alberi, cullati dallo sciabordio delle piccole onde del fiume. Una pace meravigliosa!

Alle 16 arriva il taxi, inviato dall’agenzia, a prenderci per portarci all’aeroporto. Dentro ci sono già mamma e figlia di Manaus.

L’aereo che ci aspetta è abbastanza piccolo, forse non come quello che presi a Nasca. Il decollo è veloce e in pochi minuti fiancheggiamo le piccole Lençois, dette così perché sono meno estese delle altre ed il colore non è candido, ma sul giallo.

Arriviamo fino al mare sorvolando Caburé e Atins, ammirando dall’alto il fiume Preguisa che sembra non volersi gettare nell’oceano: disegna delle ampie volute che si avvicinano fino a pochi metri dall’oceano, ma senza rompere del tutto la lingua di sabbia che li separa.

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Infine si arrende all’incontro inevitabile, opponendo un’ultima resistenza di alte onde per ritardare il più possibile l’abbraccio tra l’acqua dolce che arriva dalle immense foreste e quella salata dell’immenso mare.

Dal mare, dove finiscono le Lençois, torniamo verso l’interno, sorvolando la lunga serie di dune che disegnano curve e spigoli di sabbia. Molte accolgono delle lagune tra una duna e l’altra. A volte azzurra, quando sul fondo non ci sono alghe; molto più spesso verde chiaro e più scuro quando le piante acquatiche hanno iniziato a svilupparsi.

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Il piccolo aereo torna fino a Barreirinhas. In men che non si dica inizia l’atterraggio. E’ molto veloce, sembra quasi lo abbia deciso all’ultimo secondo, senza esserne convinto.
Arriviamo a terra molto velocemente e storti, non paralleli al terreno. Prima botta, con forte sobbalzo di tutto l’aereo e noi dentro, sulla ruota destra, poi sinistra. Siamo storti e molto veloci, non riusciamo a frenare. In men che non si dica, il pilota decide di decollare nuovamente.
Eccoci di nuovo per aria, con me che impreco sia per questa manovra pericolosa del pilota, sia per lo stomaco che nel frattempo mi è arrivato in gola.

Al secondo tentativo, più ragionato e preparato del primo, tutto fila liscio.

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Torniamo in albergo, cambiamo di posada, ci sistemiamo ed andiamo a cena. E’ presto, ma praticamente non abbiamo pranzato. Ennesimo ristorante di un francese.

Domani gita fino a Caburè, non so bene cosa andremo a visitare, chissà!

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6 pensieri su “Lenzuola brasiliane

  1. Leggendo il titolo pensavamo avessi cambiato genere di racconti……”Sporcaccione”, poi ti sei ravveduto dicci la verità. Complimenti per questa grande impresa….ti abbiamo seguito fin dal’inizio. Al ritorno proporrei un film….divertiti.

    • Ahahaah!! C’è un link nascosto, se lo trovi vai all’altro racconto sulle “lenzuola brasiliane” 😉

      Per il film, devo montare tutti i video che ho girato con la telecamerina montata sulla moto 🙂

  2. Insomma hai scampato il mal di mare ma l’aeroplanino ha messo a dura prova lo stomaco ! credo che sia per il vento: le manovre devono essere decise e veloci perchè devi dare potenza e non restare in balìa della forza del vento, come in barca…. credo ! comunque deve essere stato bellissimo perchè su un velivolo piccolo ti godi di piu’ il paesaggio rispetto a un jet. I posti sono bellissimi e Roma e l’Italia, vedrai, acquisteranno la loro dimensione reale … altro che “caput mundi” !

    • Il volo è stata un’esperienza bellissima, un punto di vista differente. Però il doppio atterraggio, l’assenza della torre di controllo … ti fanno pensare!! Almeno a Nazca c’era l’apparenza di un aeroporto normale, questo non ha le autorizzazioni

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