Sul traghetto

(28/12)

La notte é lunghissima, spezzata in continuazione dalla porta che sbatte e da altri rumori: voci, pianti, colpi di tosse. Dormire é un’utopia.

Finalmente arriva il mattino, attracchiamo al porto di Palermo, dove ci fermiamo alcune ore.

Come sempre in queste situazioni, il tempo rallenta, diventa denso come un fluido che scorre a fatica. Forse é il motivo per cui solitamente riempio le mie giornate fino allo spasimo!

Trascorro praticamente tutta la giornata coi miei nuovi amici tra racconti e ricordi, cartine, guide e copiando i waypoint dalla guida di Smontic sui vari navigatori.

Lentamente sale anche per me l’entusiasmo del viaggio, la curiosità si affaccia nuovamente anche se continuo ad aver voglia di solitudine. Tranne la notte di capodanno.
E infatti prendo un mezzo appuntamento coi ragazzi per la notte del 31 a Ksar Ghilane. Tutti a farci il bagno nella pozza di acqua calda, ad ammirare le stelle del deserto!

Temo che mi pentirò di non seguirli in fuoristrada, perchè da solo sicuramente non mi azzarderò a farne, però non ho l’animo di unirmi ad altre persone, almeno non in questo momento.

Annunciano l’ora di arrivo nel porto per le 21. Significa che non scenderemo prima delle 22 e non usciremo dal porto prima delle 23. Spero di stare in albergo per mezzanotte.

Il tempo scorre lento poi, per la solita Legge, le luci di Tunisi compaiono all’orizzonte.

Ci accalchiamo nei corridoi della nave per scendere, poi corriamo nei garage a rimontare borse e bauli e via, fino al primo controllo doganale.
Stavolta, contrariamente al passato, sono veloci.

Al secondo controllo, dedicato alla moto, uno di questa specie di aiutanti (non un doganiere ufficiale, ma nemmeno un civile qualunque, perchè ha una sorta di divisa) mi chiede qualche dinaro per sbrigare prima le pratiche. Abituatissimo a queste richieste, gli rispondo in francese che non ho dinari, non ho ancora cambiato.
Insiste una seconda volta, ma rispondo alla stessa maniera.
A quel punto, farfuglia qualcosa in arabo e mi restituisce in malo modo i documenti che aveva iniziato a prendere per portarli allo sportello dell’ufficiale per farli timbrare.

Mentre sono in fila per il timbro, altri italiani dietro ridacchiano scambiandosi le esperienze appena vissute:

“Tu quanto gli hai dato?”
“Io 10, tu?”
“Sì, anch’io!”

E bravi, penso … É per gente come voi che cede subito senza fiatare che questi continuano e continueranno a chiedere mazzette …

Finito il terzo giro di timbri, fogli, stampe e cartonicini, potrei uscire, ma inizio a vagare nel porto sterminato e privo di qualsiasi segnaletica.
Visto che nessuno mi fila, adotto la solita tecnica che uso ormai da anni: inizio ad andare a casaccio, apertamente contromano o in punti dove già so che non dovrei andare, aspettando che mi fischino o urlino dietro. Così facendo riesco ad ottenere la dovuta attenzione e l’informazione che mi serve.

Il confronto delle tecniche é impietoso: dieci minuti a vagare a vuoto senza riuscire ad ottenere un’indicazione valida, un minuto per arrivare all’uscita dopo aver imboccato un paio di corsie contromano e aver fatto imbizzarrire alcuni doganieri. Tres bien, mon amis!

E così, eccomi nuovamente sulla spettacolare via d’accesso a Tunisi, stretta tra mare e lago, una striscia d’asfalto che corre tra le acque, con le sagome nere delle palme che si stagliano nell’oscurità e le luci della città all’orizzonte che si specchiano nelle acque.

Seguo le indicazioni per l’albergo che mi ha dato Maurizio poco fa quando eravamo ancora sul traghetto. Strano, perchè ricordavo che era vicino al porto. Però nemmeno il poliziotto all’ingresso della Medina lo conosce, per cui, mi dico, ha ragione la mappa di Maurizio.

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Mi ritrovo così a vagare per vicoli e stradine buie, rotte e piene di rifiuti ovunque, gatti e cani (anche qui!) randagi e inizia a farsi strada in me l’idea che non troverò nessun albergo.
E infatti, dopo mezz’ora di giri dietro al navigatore, arrivo al punto segnato e non c’è un bel nulla.
Devo, purtroppo, attaccarmi al telefono con Google Maps che mi conferma il ricordo: l’albergo é a due passi dal centro, dov’ero mezz’ora fa.

Arrivo finalmente in albergo, doccia e primo (spero anche ultimo) dei miei soliti digiuni: é praticamente mezzanotte, non ho dinari in tasca e intorno sembra tutto chiuso …

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Via, si mangia domani, adesso a dormire!

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Non può che migliorare

(27/12/2013)

Mi sveglio prima dell’alba per vari dolori dovuti all’influenza esplosa con grande tempismo la vigilia di Natale.

Alle 9 telefono alla compagnia di navigazione per sapere a quanto ammonterebbe il rimborso in caso di rinuncia.

“Recupera il 50% fino alle 18, deve aprire la pratica sul sito web, inviare un’email e spedire via fax il certificato medico che attesti la malattia”. Nient’altro? mi chiedo mentre attacco.

La partenza é alle 20, ho ancora qualche ora per decidere.
Preparo i bagagli più per inerzia che per vera convinzione.

Pranzo con i miei genitori poi, per la Legge del Tempo valida dagli inizi dell’Universo, si fa ora di partire.

Via, mi lascio andare, monto i bauli e imbocco l’Aurelia, direzione Civitavecchia!

Contrariamente al solito, al termine del tratto a 4 corsie non faccio l’autostrada ma proseguo sull’Aurelia: ho voglia di vedere luci e persone, un po’ di atmosfera natalizia.

Il check-in é un lampo, mi imbarco parcheggiando a fianco delle immancabili BMW con bauli d’alluminio, faretti e altri accessori standard da moto-avventurosi.

La nave é stra-piena, non ci sono cabine libere. E anche la sala poltrone trabocca di famiglie, bambini che sciamano ovunque e anche parecchi cani.

Senza rendermene conto, scelgo il posto peggiore in assoluto, sotto la televisione che resterà accesa a berciare fino a notte fonda e a due metri da una delle porte che conducono all’esterno. Sbatterà per tutta la notte.

Dulcis in fundo, il materassino che ho portato con me é bucato, per cui mi trovo a dormire direttamente sul pavimento, per la gioia della mia schiena.

Attacco bottone con un piccolo gruppo di motociclisti. Chiacchierando scopro che uno di loro venne in un gruppo che guidai nel 2002 fino a Mosca, in una delle due occasioni in cui lavorai per un’agenzia di viaggi in moto. Il mondo é proprio piccolo!
Chiacchieriamo di viaggi e di vita fino a mezzanotte, finchè il sonno non scende su di noi.

Il mare é mosso, la nave caracolla sulle onde col solito rumore di motore e vibrazioni fin nell’essenza della struttura.

Il sonno, finalmente, arriva.