Parlando della Maremonti, non cito la famosa e bellissima strada dell’Etna, ma la tappa di oggi, dallo splendido mare della baia di Paraty alle montagne che circondano Curitiba, lungo la mia strada verso le cascate di Iguazú.
Parto presto, nella notte ha piovuto, ma ora splende di nuovo il sole.
Costeggio la baia, punteggiata di isole, ancora per un centinaio di km, poi con grande tristezza saluto definitivamente il mare. Lo rivedrò tra un bel po’ di mesi.
Supero delle belle montagne che separano la regione di San Paolo dal mare.
Questo viaggio sta diventando quello delle scoperte, nel senso degli incontri con persone sentite via mail per mesi, ma mai ancora incontrate.
É sempre bello dare un volto alle persone con cui ci si é scritti decine di volte!
E così, Vera a Recife, Gabriele a Barra Grande e adesso é la volta di Leandro.
Molto simpatico anche lui, scopro che lavora anche con ditte aeronautiche italiane ed é già stato una volta vicino Roma per lavoro.
Purtroppo anche stavolta ho pochissimo tempo e devo salutarlo in fretta.
Tra l’altro, il cielo dà tempesta, ovviamente nella direzione dove devo andare.
“Grazie a Dio sta piovendo da un po’ di giorni! Non ha piovuto per mesi e le riserve idriche erano arrivate al 5% e in alcuni casi asciugate!
Pensa che hanno tagliato l’acqua anche a San Paolo!”.
D’accordo, ma deve piovere proprio quando passo io?!
La strada che decido di fare attraversa San Paolo. Le alternative sarebbero state più lunghe di almeno 100 km, che con la Pollita diventano già una bella distanza.
Solo che San Paolo é una delle megalopoli più grandi del mondo e più popolose, oltre 11 milioni di abitanti.
Il tutto si trasforma presto in un incubo da oltre un’ora tra centinaia di svincoli e complanari di otto corsie per parte.
Dimenticavo la chicca: tutto sotto una pioggia battente!
É impressionante continuare a muoversi per decine e decine di minuti senza uscire mai dalla città, attraversando nuovi svincoli, superando nuovi quartieri di grattacieli e palazzi.
Senti che potrebbe non finire mai.
Ricordo ancora le parole di Leandro :
“Per fortuna arriverai a San Paolo a un’ora buona, intorno alle due, due e mezzo… se fossi arrivato a metà pomeriggio, ti avrei obbligato a fare un’altra strada per evitare gli intasamenti e i blocchi che letteralmente paralizzano la città”.
Poi, in maniera sommessa e quasi contro voglia, I mega svincoli finiscono e torno su strade a dimensione più umana, poi anche le case diventano più rade, compare di nuovo il verde.
Alla fine torno nella natura.
San Paolo é alle mie spalle.
Le due cose che non finiscono, però, sono la pioggia e il traffico di autotreni.
Proseguo verso l’altro incubo annunciato da Leandro, la Serra do Cafezal, un susseguirsi di montagne dove la strada si restringe ad una corsia per parte.
Si forma così una fila epocale di mezzi pesanti, decine di km fermi o a passo d’uomo che sono costretto a fare sulla corsia di emergenza, quando c’è.
Sono incastrato tra centinaia di autotreni, l’asfalto é spesso disintegrato.
Anche l’imbuto della morte, come lo chiamerebbe Verdone, finisce, la strada torna a quattro corsie.
Attraverso uno splendido parco nazionale. Le montagne si susseguono fino all’orizzonte, una cima dietro l’altra, nessuna che sovrasta le altre. Sembrano le onde di un mare agitato, ma immobile.
Sono felice di aver cambiato le gomme a Rio. Corro in tutta sicurezza sotto la pioggia tra curve molto accentuate.
Era dai tempi della Colombia che non mi divertivo così!
Il freddo é intenso, arriva anche la nebbia. Sembra ovatta adagiata nelle strette valli tra un picco e l’altro o sfilacciata sui fianchi, aggrappata agli alberi.
Infine, si fa notte. Corro gli ultimi 100 km nell’oscurità, districandomi tra i vari veicoli.
Gli ingredienti del cocktail stradale sono: 80 parti di tir e autotreni, 15 parti di camion e furgoni, 4 parti di auto e 1 Pollita! Mai impaurita, sempre agguerrita!
Ogni cosa termina e anche questa non sfugge alla regola. Finalmente, in questo caso.
Arrivo nella periferia di Curitiba che quasi batto I denti dal freddo. Alla faccia di chi crede all’equazione Brasile uguale caldo.
Vedo un albergo, entro nel parcheggio e smonto tutti i bagagli. Non accetto obiezioni tipo, non abbiamo più stanze. In caso, dormo anche su un divano, ma non voglio fare un metro di più.
Per fortuna le stanze ci sono, recupero la temperatura umana grazie a una doccia bollente.
E domani, ultima tappa verso Iguazú. Speriamo non piova, ne ho abbastanza!