Pessimo risveglio. Emergo dal sonno per colpa dell’odioso chiacchiericcio della televisione.
Guardo l’ora: le 5:30. Già ieri notte all’1 ancora sentivo la tv e non ho detto nulla perchè ero stanchissimo, ma adesso è davvero troppo.
Indosso i pantaloni da moto e una maglia. Le scarpe non le trovo, ma esco scalzo tanto sono imbestialito. Mi ritrovo immerso nella nebbia, tutto è ovattato. Sento la televisione rimbombare nell’aria. Origlio alla porta della stanza a fianco, ma non sento nulla, viene da un’altra parte.
Cammino nell’oscurità nebbiosa e dopo poco capisco che viene dal padiglione a fianco dell’edificio principale. E’ una grande sala aperta, con tanti tavoli e un maxi schermo al fondo.
Mi aspetto che i due cani da guardia mi aggrediscano da un momento all’altro, perchè mi sto aggirando senza far rumore, nel buio. Ma sono talmente arrabbiato che sarei io ad aggredire loro.
Uno dei cani, il pastore tedesco, è sdraiato all’ingresso del padiglione. Gli mando un fischio per svegliarlo, ma il rumore della tv è talmente forte che non mi sente. Pazienza. Quando gli passo a fianco, se ne accorge e si tira su all’improvviso. Gli dico di stare buono e mi fiondo verso la tv.
Non vedo nessuno, ma quando sono a pochi passi, mi accorgo che c’è una persona in piedi, di fronte al mega schermo, a non più di tre passi. Con il volume altissimo.
Lo prendo a male parole che, data il sonno e l’arrabbiatura, sono tutte in romanesco stretto, incomprensibili fuori dal Raccordo Anulare. Però il tipo è sagace e intuisce che il problema è la TV e la spegne.
Mi allontano continuando a imprecare in dialetto romanesco intramezzato da poche parole di spagnolo. Proprio di fronte alla mia stanza incrocio il proprietario, già sveglio. Me la prendo anche con lui, stavolta riuscendo a usare più parole di spagnolo e meno di romanesco.
Il sonno ormai è andato. Mi riaddormento con grande difficoltà, per poi svegliarmi alle 8:30, dopo aver sentito altri rumori di motori meccanici e non so che altro.
Vado a fare colazione e mi rendo conto che il posto è molto bello, ieri arrivando di notte non avevo visto: è un’architettura tradizionale, tutta in legno vivacemente dipinto, c’è la piscina, i cavalli, molte piante e fiori. Purtroppo però il posto mi è andato di traverso e ho deciso di andarmene.
Solito uovo per colazione, con la novità di un pezzo di formaggio, simile al nostro primo sale. Ha deciso per la cioccolata calda, mentre ovviamente avrei voluto del caffè.
La valle del caffè è molto bella e ben curata, con ville eleganti a fianco delle tradizionali finca, come quella in cui ho dormito. Sono colline molto dolci, mi ricordano le Langhe piemontesi o il Chianti toscano, per l’eleganza delle abitazioni, gli ampi panorami sulla vallata e la pulizia e precisione del tutto. La vegetazione naturalmente è diversa da quella italiana: banani, palme, piante e fiori tropicali. Ed effettivamente non vedo piante di caffè.
Arrivo in un paesino e sento il bisogno di integrare la colazione con un bel succo di frutta fresco e un dolce di panetteria.
Dopo qualche km raggiungo il Parco del Caffè, un parco tematico. Mentre sto per entrare, arrivano tre moto “occidentali”: un BMW GS e altre due che non ricordo, tutte attrezzate di bauli, borse e loro vestiti di tutto punto con tute in cordura, caschi, stivali e tutto il resto. Penso a dei motociclisti europei in viaggio in Sud America e grandissima è la mia sorpresa quando vedo la targa: Venezuela!!
Li raggiungo nel parcheggio e le sorprese non finiscono: mi lascio sfuggire un paio di parole in italiano mentre parcheggio e una ragazza del gruppo dice:
“E’ italiano!”
“Ah, anche voi siete italiani??”
“No, siamo venezuelani, ma figli di italiani emigrati”
Lei e il marito parlano un italiano perfetto. Lui, Raffaele, tra l’altro è appena tornato dall’Abruzzo, dove sono il fratello e i genitori che nel frattempo sono rientrati.
Leghiamo immediatamente e mi aggrego al gruppo.
Il parco è molto ben fatto e organizzato con tante attrazioni e percorsi per soddisfare tutte le esigenze, sia culturali che di divertimento, dai più piccoli ai più grandi.
C’è un grande bosco di bamboo, bellissimo, dove posso ammirare da vicino dei possenti esemplari. E’ una pianta incredibilmente robusta che può essere alta molti metri, incappucciata da un ombrello di foglie sottili, verdissime.
Assisto allo “Show del Caffè”, uno spettacolo con danze in vestiti tradizionali, interessante e piacevole. Mi colpisce il gran numero di omaggi e inneggiamenti alla Colombia, alla sua cultura e tradizione, con il pubblico, in buona parte colombiano, che rispondeva entusiasta. Grande orgoglio colombiano!
All’uscita trascorro ancora un po’ di tempo con i motociclisti venezuelani che mi mettono in guardia dai pericoli del loro Paese:
“Il Venezuela è molto pericoloso, non è tranquillo come la Colombia! Cerchiamo di non far sapere nulla di quello che abbiamo, altrimenti corriamo il rischio di venir rapiti per avere un riscatto. Ti rovinano la vita! Negli ultimi anni hanno distrutto il paese, Chavez quanto meno aveva un ideale, ma Maduro è un ignorante, figurati cosa può fare un ex autista! A noi hanno requisito dei terreni, hanno nazionalizzato quasi tutte le imprese private del Paese. Il sostegno ce l’hanno grazie ai sussidi che danno alla povera gente, che quindi li vota anche se comunque alla fine fanno la fame”
Insomma, un quadro desolante, che in parte già conoscevo per sentito dire e avere la conferma da persone che ci vivono, è ancora meno incoraggiante. Comunque, mi dico, cerco di stare attento e di evitare le città più grandi, di solito calamita di criminali vari.
Raffaele mi regala anche un po’ di bolivar per avere qualcosa in tasca quando entro, mitico!! 🙂
Esco dal parco dopo averli salutati e proseguo il giro nella valle del caffè, infilandomi in una stradina senza segnalazioni, tornando poi sulla principale. I nomi sono tutti evocativi di luoghi geografici nel mondo: Montenegro, Armenia, Circassia, qualche km indietro c’è Palmira, poi Andalusia e così via, per finire con il paesino dove vorrei fermarmi per la notte, Salento.
A Montenegro vorrei fare la piccola strada che prosegue per la valle del Caffè, fino a Circassia. Purtroppo non è percorribile perchè la stanno rifacendo. Un ragazzo mi dice però che con la moto, di lato, riesco a passare.
Seguo le sue indicazioni e alcuni lungo la strada mi danno delle voci:
“E’ chiusa, stanno facendo i lavori!”
E dall’altro lato della strada uno sente e risponde: “No, ma di lato riesce a passare!”
E il primo risponde che no, non ce la faccio. Proseguo lasciandoli a discutere se sì o se no.
Un ragazzo in bicicletta mi precede e mi mostra la strada fino all’inizio del lavori. La strada è completamente scavata, incorniciata da teli di plastica bianca, lasciando liberi solo due passaggi strettissimi ai lati, per i pedoni.
Il ragazzo che mi ha accompagnato mi chiede dei soldi, in maniera gentile, ma insistente. Gli do qualche pesos e ancora non sono andato che anche lui inizia a discutere con un altro:
“Ma guarda che non ce la fa a passare!”
“Sì, di lato ci passa!”
“Non credo … comunque non da destra, lì stanno scavando anche di lato, passa da sinistra”
“Ok”, rispondo io, “grazie!”
Il passaggio è strettissimo, ci passo per pochi centimetri. I pedoni mi fanno passare, nessuno dice nulla. Proseguo per un po’ di metri finchè trovo un punto troppo stretto. Impossibile, nemmeno volendo perdere tempo a smontare le valigie laterali.
Mi fermo perplesso, pensando a cosa posso fare. Uno mi dice che devo passare per Armenia, un altro risponde che dal lato opposto della strada ce la faccio. Gli rispondo che uno poco fa mi ha detto che stanno scavando anche a lato. Un terzo però dice che c’è un sentiero dietro una siepe e posso passare di là, superando il pezzo che stanno scavando.
Riesco ad invertire sul prato di una casa, per fortuna senza nessuno dentro ad insultarmi.
Mi infilo nel sentiero che mi hanno indicato e sbuco sullo strettissimo marciapiede poco più sopra. Ricomincio lo slalom tra i pali della luce e i teli dei lavori, finchè anche qui non raggiungo un punto troppo stretto. Non si passa. Di nuovo, uno che cammina sul marciapiede si ferma e cerca di capire con me come si può fare.
Il palo di sostegno dei teli bianchi che coprono i lavori si può spostare. Allora scende nella buca dei lavori, gli passo il palo inclinato e lui da lì sotto lo mantiene inclinato.
Ci passo!! I successivi punti sono larghi a sufficienza, anche se strisciando con le valigie sia a destra che a sinistra. Finalmente il tratto con i lavori finisce e sbuco sulla strada che porta a Circassia.
Spero di non dover tornare indietro per un motivo qualsiasi, perchè non so se riuscirei a rifarlo!
Però ho la soddisfazione di avercela fatta e di percorrere una bellissima stradina di campagna che attraversa ancora la valle del caffè, invece di aver preso l’alternativa per tutti gli altri, una strada più larga e trafficata, sicuramente meno affascinante.
Fiancheggio per molti km enormi bananeti e altre colture, splendide finca in legno dai colori vivaci e una natura esplosiva.
Raggiungo la strada principale, tra Armenia e Pereira. Provo a cercare per una ventina di minuti buoni l’albergo dove andavano a dormire i ragazzi venezuelani, ma non riesco a trovarlo, anche chiedendo a diverse persone del posto.
Lascio perdere e vado a Salento. Ormai la giornata è finita e mi godo uno splendido tramonto, con mille sfumature di rosso e di rosa. Speriamo che il famoso proverbio abbia ragione!
Arrivo a Salento e trovo un albergo con wifi, anche se troppo tardi scopro che è pessimo, per cui non riesco a caricare nulla sul blog.
La ragazza alla reception inizialmente mi propone quello che scopro essere il garage. In pratica nel box auto (ben impregnato anche della caratteristica puzza) hanno messo un letto e uno scaffale. Per il resto, c’è ancora tutta la roba tipica di un garage: dell’olio motore, qualche attrezzo e altra roba.
Non commento e mi limito a dire che preferirei altro. Allora mi mostra una camera, stavolta dentro l’albergo, molto carina. Solo che c’è solo per stanotte:
“Ma non è un problema, domani parto!”
Parlo a lungo con il signore che gestisce l’albergo, su cosa posso fare domani tra Valle del Cocora e paesini circostanti.
Nell’albergo incontro anche un colombiano, ma dai tratti assolutamente europei, che parla un ottimo italiano: molti anni fa è stato per 10 mesi a Verona, ha imparato l’italiano e non l’ha più dimenticato.
Iniziamo a parlare per caso del Venezuela e della situazione là, ma lui ha un punto di vista totalmente diverso dai ragazzi di oggi:
“Il Venezuela è MOLTO più tranquillo della Colombia! Chavez ha fatto tanto per il popolo, ora hanno scuola, sanità e molte altre cose. Vedrai che lo troverai molto più tranquillo che qui”
Da una parte una classe media venezuelana colpita duramente dall’economia “chavista”, dall’altra un colombiano socialista. Forse la realtà è nel mezzo. Lo spero, perchè le esperienze raccontatemi dai ragazzi erano davvero inquietanti.
Domani farò una passeggiata nella valle del Cocora, poi andrò a vedere un mariposario (un vivaio di farfalle) e poi inizierò la mia salita verso Cartagena, arrivando fin dove riesco.
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